Danza in un teschio di bufalo di Zitkala-sa, traduzione di Simona Busto (Tratto da “Antiche leggende degli Indiani d’America”, prima edizione originale 1901)
La notte era calata sulla prateria. In alto le stelle brillavano splendenti di rosso e di giallo. La luna era nuova. Un sentiero argentato tra le stelle, che presto scivolò in basso sotto la linea dell’orizzonte.
Ora la prateria era immersa nell’oscurità. Nella pianura ci sono esseri notturni che amano il buio. S’incontrano tra l’oscurità e la terra per folleggiare sotto le stelle. Poi, quando le loro orecchie acutissime odono passi insoliti nelle vicinanze, scorrazzano via nelle profonde ombre della notte. Sono ben nascosti a ogni pericolo, o almeno così credono.
Fu così che in quella notte nerissima, da lontano, oltre il confine dell’altopiano, fuori dal boscoso estuario del fiume scivolarono due palle di fuoco. Avanzarono e avanzarono sull’altopiano. Divennero più grandi e più luminose. L’oscurità nascondeva il corpo della creatura dagli occhi infuocati. Vennero avanti ancora e ancora, fino al limitare erboso della prateria. Poteva essere un gatto selvatico, che si muoveva accucciato sulle furtive zampe felpate. Lentamente ma con decisione i terribili occhi si avvicinarono sempre più al cuore della prateria.
Là, in un enorme teschio di bufalo, c’era chi banchettava e danzava lieto! Minuscoli topini di campagna ballavano e cantavano in tondo al ritmo di rimbalzante un mini-tamburo. Ridevano e parlavano tra di loro, mentre i cantanti intonavano a squarciagola un’allegra melodia.
Avevano acceso un focherello al centro della loro strana casa delle danze. La luce balenava fuori dal cranio di bufalo attraverso le orbite e tutti gli altri fori.
Una luce in piena notte ne bel mezzo della pianura era qualcosa d’insolito. Ma i topolini erano così allegri che non udirono il “cip cip” degli uccelli addormentati, infastiditi dall’insolito fuoco.
Un branco di lupi, avendo timore di avvicinarsi a quelle fiamme notturne, stavano riuniti poco lontano, e, alzando i nasi appuntiti in direzione delle stelle, ululavano e guaivano con grande sgomento. Neppure i lamenti dei lupi furono uditi dai topini che stavano dentro al teschio di bufalo illuminato.
Banchettavano e danzavano; cantavano e ridevano, quei buffi tipetti impellicciati.
Nel frattempo dal fondo del fiume immerso nell’oscurità vennero due occhi infuocati.
Sempre più vicini e rapidi, più fieri e abbaglianti, gli occhi avanzarono verso il teschio di bufalo. Del tutto ignari di quegli occhi spaventosi, gli allegri topolini sgranocchiavano radici secche e carne. I cantanti avevano attaccato un’altra canzone. I percussionisti tenevano il tempo, muovendo la testa a ritmo da un lato e dall’altro. I topini saltellavano in cerchio attorno al fuoco, ognuno balzava alto sulle zampe posteriori. Alcuni alzavano le code sopra le zampe davanti, mentre altri se le portavano fieramente dietro.
Ah, ora quei gialli occhi tondi erano vicinissimi! Sembravano strisciare molto bassi vicino terreno, strisciare verso il teschio di bufalo. All’improvviso scivolarono nelle orbite vuote del vecchio teschio.
- Lo spirito del bufalo! – squittì un topo terrorizzato e saltò fuori da un buco sulla parte dietro del teschio.
- Un gatto! Un gatto! – urlarono gli altri topolini mentre balzavano fuori da buchi grandi e stretti. Senza far rumore fuggirono nel buio.
1 commento:
Sembra una leggenda,oppure è vera. Chissà! Ma quei topini che ballavano e giocavano li ho "visti" davvero
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