Il nostro prossimo è tutto ciò che vive (Gandhi)

giovedì 19 settembre 2013

La morte dell’usignolo



Oscar Wilde, traduzione di Adele Nobile (tratto da L’usignolo e la rosa - Il principe felice e altri racconti, Prima ed. originale 1888)


E il rosaio gridò all’uccellino di avvicinarsi alla spina. – Premi, uccellino – gridò il rosaio – o arriverà il giorno prima che la rosa sia finita.
Allora l’usignoletta si fece più vicino e la spina le giunse al cuore e una trafittura terribile le passò per tutto il corpo. Aspra fu la sofferenza e il canto dell’uccellino toccò la follia nel canto dell’amore che si completa nella morte, dell’amore che non muore nella tomba.
E la rosa bellissima divenne scarlatta come la rosa del cielo orientale. Scarlatti erano i suoi petali e scarlatto come il rubino il suo cuore.
Ma la voce dell’usignoletta s’affievolì, le ali cominciarono a palpitare, e un velo sottile le coprì gli occhi. Il suo canto si smorzò: qualche cosa le strozzava la gola. Poi sgorgò l’ultima melodia. La luna bianca udì, e, dimentica dell’alba, indugiò in cielo. La rosa rossa l’udì e, rapita nell’estasi, tremò e aprì i petali all’aria fredda del mattino. L’eco condusse il canto alla sua caverna purpurea, e svegliò i pastori dai loro sogni. Andò vagando tra i giunchi del fiume che portarono al mare il suo messaggio.
- Guarda, guarda! - esclamò il rosaio - la rosa è finita. –
Ma l’usignoletta non rispose: giaceva sull’erba con la spina nel cuore.

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