Il nostro prossimo è tutto ciò che vive (Gandhi)

venerdì 29 novembre 2013

Giò





"Giò", di Helen Brown (Ed: Piemme Voci, 2013)


"I tentativi di Giò di dare la caccia agli uccellini erano tragici. Quando intercettava un piccione, si immobilizzava e si accucciava a terra. Poi lo puntava, tenendo d'occhio ogni suo minimo movimento e ogni sua beccata, fino a diventare quasi un tutt'uno con la preda.
Il suo manto mimetico era perfetto per terrorizzare tutto il mondo ornitologico, ma poi sfoderava le zanne e lanciava il suo grido di guerra, concedendo al piccione il tempo di riordinare le piume ed emettere qualche tut-tut di rimprovero, prima di alzarsi in volo fino allo steccato.
Se per gli altri gatti camminare lungo le staccionate era un'attività normale, per Giò rappresentava un'impresa impossibile. Gli uccelli ridevano di lui ogni volta che ci provava. Con due zampe che zoppicavano in cima ai paletti e le altre due che si trascinavano lungo l'asse orizzontale, sembrava una specie di mutante ubriaco.
Giò aveva i nervi costantemente a fior di pelle. Sussultava e correva a nascondersi al minimo rumore. Lo schianto del coperchio di un bidone dell'immondizia lo faceva scappare con la coda tra le gambe.
I latrati dei cani, invece, rappresentavano per lui una chiamata alle armi. Non importava quanto fosse grosso o aggressivo il cane: Giò lo caricava, coda dritta, sicuro di sconfiggerlo con una sola occhiata.
Non sapeva battersi, fedele agli ideali cortesi della guerra. Era tutto un gran miagolare e atteggiarsi, ma teneva sempre gli artigli rinfoderati. Per lui le battaglie erano soprattutto psicologiche: fissava il nemico fino a quando non si rendeva conto della sua inferiorità e batteva in ritirata."


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