Il nostro prossimo è tutto ciò che vive (Gandhi)

mercoledì 29 gennaio 2014

Ardi e Ciccio











Racconto di Elena Osnaghi

Il papero Ardi se ne sta al calduccio dentro al suo nido soffice, rivestito dal morbidissimo piumino che la madre si è strappata dal petto poco prima della schiusa delle uova.
Sono in sette lì dentro, tutti ammucchiati, Ardi è il più grosso.
La mamma ha molta cura di loro e, come tutte le madri di germano, sorveglia i piccoli con grande attenzione.
Li accompagna nelle prime escursioni in acqua, dove Ardi e i fratellini amano trattenersi e trastullarsi, pronta a intervenire se qualche pericolo li dovesse minacciare.
Il nido di Ardi è stato costruito da mamma e papà proprio vicino all’acqua di una delle tre sorgenti chiamate “Le tre sorelle”.
Sono tre bacini sorgivi di acqua dolce che comunicano tra loro attraverso dei canali piuttosto stretti.
“Che fortuna ho avuto a nascere in un posto così bello” pensa Ardi, mentre sta nuotando con mamma e fratelli in una delle sorgenti. “Il mio nido visto da fuori è solo un rozzo ammasso di erbe secche e foglie, ma in realtà ha una vista stupenda, si affaccia su di un laghetto assai invitante”.
Il tempo passa e Ardi cresce; le sue giornate trascorrono velocemente tra lunghe dormite al calduccio sotto le ali della mamma e divertenti giochi in acqua con spruzzate e schizzi per tutti.
Ardi è ormai grande come sua madre e, anche se è giovane, spesso esce dal nido da solo e se ne va nuotando attraverso la sorgente. L’acqua è frizzolina e le ondine provocate da un lieve venticello gli fanno il solletico alle zampe facendolo ridere.
Ogni tanto si tuffa dove l’acqua è più bassa, raggiungendo così il fondo melmoso, nel quale cerca uno spuntino: molluschi, vermi, insetti, crostacei e anche vegetali.
Un giorno viene attratto da una strana corrente. L’acqua del laghetto in cui Ardi nuota sembra defluire in un canale che non aveva mai notato. “Dove andrà a finire l’acqua, una volta incanalata?” si chiede Ardi. “È molto semplice da scoprire: basta seguire la corrente”.
Mentre sta imboccando il canale si sente chiamare: «Ardi, Ardi, dove vai? Tua madre lo sa?».
Il papero si gira e vede sulla riva Candido, un airone bianco amico di sua madre.
Candido continua: «So che non sono affari miei, ma dovresti informarla, così lei ti spiegherebbe alcune cose che potrebbero esserti utili».
Ardi risponde: «Sono troppo curioso di vedere dove conduce questo canale, se torno a cercare mamma perdo troppo tempo, non puoi dirmi tu quel che devo sapere?».
«Va bene» dice Candido. «Devi sapere che questo canale conduce a un altro laghetto, formato anche lui da una sorgente che chiamano “sorella” di quella dove tu hai il nido. E non è finita. C’è una terza “sorella”: tre sorgenti, tre laghetti comunicanti tra loro attraverso i canali. Quello che tu stai per percorrere è uno dei tre».
«Bellissimo! Tre sorgenti, tre sorelle. Noi invece siamo sette paperi, sette fratelli!» replica Ardi.
«Cosa c’entra?» ribatte Candido. «Quel che conta è che tu sia molto prudente, perché le altre sorgenti sono un po’ più profonde di questa, e ci vivono degli animali».
«Starò attento, non preoccuparti. E poi anche qui  vivono altri animali. Ciao Candido, ho sentito abbastanza».
E così dicendo Ardi pinneggia velocemente verso la seconda “sorella”.
Ciò che vede davanti ai suoi occhi è uno spettacolo naturale molto suggestivo: la sorgente crea un laghetto dalle basse profondità (cinque o sei metri), dove l’acqua verde-azzurra è di una trasparenza indescrivibile.
Galleggiando in superficie, Ardi vede bene il fondale di sabbia bianca con alghe ed erbe acquatiche di diverse specie.
Il laghetto sorgivo è circondato da arbusti e alberi anche con grandi fusti. Alcuni di questi sono caduti in acqua, e sono parzialmente, se non completamente, immersi.
Ardi continua a nuotare finché, stanco, si avvicina a un tronco e vi si appollaia per riposare un po’.
“Chissà di quali animali parlava Candido?” riflette Ardi “Io non l’ho nemmeno ascoltato, sono proprio un fessacchiotto, adesso mi piacerebbe saperlo".
Osserva gli alberi e vede dei movimenti tra le fronde, sente dei fruscii.
“Saranno i soliti uccelli, anche dove abito io ce ne sono di diverse specie”.
A un tratto però da un ramo colmo di foglie sbuca un bel musino marrone, pelosetto, dallo sguardo vispo e con due dentoni anteriori, che dice: «Ciao papero, cosa fai lì appollaiato?».
«Mi guardo intorno, e tu?».
«Io vivo qui. Sono Loto, lo scoiattolo, e il mio nido è proprio dentro questo albero».
«Io sono Ardi, vivo nella sorgente vicina e sono venuto a fare un giro. Sai, ero curioso.»
«Fai bene, Ardi» risponde Loto. «Qui ci sono cose interessanti da vedere e amici simpatici da conoscere».
«Davvero?» si sorprende Ardi. «E dove sono?».
«Tanto per cominciare, il più simpatico l’hai già conosciuto: sono io».
Ardi pensa che Loto sia poco modesto e un po’ irritante, ma decide di far finta di niente. E continua: «Che animali vivono qui, oltre a te e agli uccelli, che ho già visto?».
«Ci sono banchi di pesci grigi e marroni piuttosto grandi, poi dei pescetti gialli molto più piccoli e, infine, in alcuni periodi vengono a fare le vacanze degli altri animali».
«Quali?» chiede Ardi ormai incuriosito.
«Non te lo dico» risponde dispettosamente Loto. «Scoprilo da solo!»
E così dicendo scompare tra le fronde degli alberi.
“Che caratterino” pensa Ardi. “Meno male che doveva essere il più simpatico”.
Da quella posizione Ardi osserva il fondale e vede enormi sassi grigi appoggiati sul fondo, poi si distrae e guarda il cielo: ci sono delle nuvole che sembrano panna montata.
Il suo sguardo torna sull’acqua e gli pare che i sassi si siano spostati. Allora dice tra sé:  “Ma come? I sassi non si spostano. Forse non sono sassi?”.
Guarda con più attenzione, ma non capisce cosa succeda, finché un sasso non si sposta verso la superficie, salendo proprio vicino a lui.
Quando il sasso ovale è arrivato alla superficie, il papero nota due narici che respirano in aria. Ardi è allibito e chiama a gran voce: «Sasso con il naso, mi senti? Guarda di qui. Hai anche gli occhi oppure no?».
Dopo le narici esce anche un testone rotondo con due occhi non tanto grandi, ma dallo sguardo dolce e bonario, un naso a patata, la bocca con due labbroni turgidi e qualche pelo sul muso.
Il sasso con le narici gira il testone a destra poi a sinistra, guarda Ardi e con voce pacata dice: «Sei tu che chiamavi?».
«Sì. È perché non avevo capito se eri un sasso o un animale. Adesso so che sei un animale perché parli, giusto?».
«Sì sono un manato dal muso largo, tanti mi confondono con una foca, un tricheco, un ippopotamo. Molti mi chiamano mucca di mare, alcuni animalone, altri maialone e una volta tenerone. Mai nessuno mi ha chiamato sasso con il naso. Il mio nome è Ciccio. E tu come ti chiami?».
«Io sono Ardi», e velocemente racconta la sua storia, poi continua con le domande: «Ma voi manati abitate qui?».
«Non sempre» risponde Ciccio. «Solo quando l’acqua del mare è troppo fredda noi ci rifugiamo qui, perché c’è la temperatura ideale».
«Ideale per che cosa?» chiede Ardi.
«Ideale per vivere bene. Significa riposare sul fondo, risalire per respirare aria, brucare le alghe e le erbe acquatiche per nutrirci, fare dei piccoli giretti e non affaticarsi troppo».
«Ma che vita noiosa… Noi paperi invece amiamo il movimento, da quando schizziamo fuori dall’uovo, siamo frenetici, sempre di corsa: si nuota, ci si tuffa, si risale velocemente, mica lenti come voi».
«Sì» continua Ardi, «Io sono uscito da un uovo, e appena fuori ho detto: “Sono nato”, e subito ho sentito: “Anch’io”, “Anch’io”. Allora mi sono guardato intorno e ho visto sei fratelli, e la mamma che diceva: “Ben arrivati”. Ci ha contati e così ho saputo quanti fratelli avevo. E le vostre uova? Devono essere grosse».
«No, noi siamo mammiferi, niente uova» risponde Ciccio. «Veniamo al mondo dalla pancia della mamma e solo uno alla volta».
«Incredibile!» esclama Ardi. «E pensare che voi, visti da qui sopra, sembrate proprio delle uova. Ma fammi un po’ vedere come sei fatto». Nel dirlo, Ardi si tuffa in acqua.
Poi il papero guarda verso la superficie e si rende conto della limpidezza dell’acqua: con un solo sguardo si vedono le immagini sommerse, il fondale, Ciccio, dei pescetti e le alghe. Appena prima della superficie si scorgono delle ondine mosse dal vento. Poi la linea dell'acqua. Le piante sulla riva, le nuvole e il sole si distinguono in modo nitido, tutto in un solo sguardo.
Ardi pensa che è un posto unico e meraviglioso. Poi improvvisamente si ricorda il motivo per cui si è tuffato e incomincia a osservare Ciccio.
Ha un testone rotondo, e il corpo ovale è immenso, ha due arti che potrebbero essere un incrocio tra piccole braccia, pinne o ali, e la coda sembra una spatolona gigantesca un po’ arrotondata.
“Com’è buffo” pensa Ardi. “Ma chi ha inventato un animale fatto così?”.
Ardi risale e, quando vede quello sguardo dolce e benevolo, dice: «Ho guardato bene come sei fatto, non ho mai visto nessuno come te, sei strano» e non sa cos’altro dire, ma Ciccio interviene: «Dillo pure Ardi: sono brutto e goffo. Tanto lo so, me lo dicono tutti».
«Chi te lo dice?» chiede Ardi.
«Gli animali che vivono qui intorno e in particolare uno scoiattolo. Mi sembra che si chiami Loto. Quando io e gli altri manati arriviamo alla sorgente sentiamo sempre Loto che fa da sentinella e grida a tutti gli abitanti del bosco: “Stanno arrivando quei grassoni, i maialoni, che fanno aumentare il livello dell'acqua della nostra sorgente”».
«Ma tu non devi ascoltare Loto» interviene Ardi. «Io l’ho conosciuto ed è proprio un antipatico!».
«Ma non è solo Loto a pensarla così, anche gli umani hanno questa opinione. Vengono in tanti per vederci, sono curiosi; portano macchine fotografiche e cineprese per immortalarci; non ci fanno del male, ma i loro commenti a volte non sono tanto carini».
Poi aggiunge: «Mi è capitato di sentirli dire: “Non c’è fretta, abbiamo tutto il tempo per cambiare il rullino, tanto queste palle di lardo non si muovono, non vanno da nessuna parte e tra due ore saranno ancora qui o poco più in là, perché sono animaloni pigri”».
Con un sospiro conclude: «Non so perché ci disprezzano tanto. Noi siamo nati così: grassi e lenti, e non ne abbiamo nessuna colpa».
«Ma Ciccio, io so che tu sei buono, basta solo sentire la tua voce per capirlo. E poi io credo che tu non sia proprio brutto, anzi forse sei anche bellino» dice Ardi.
Ciccio ci vuole credere e risponde: «Sai che forse hai ragione, Ardi. Una volta una ragazza bruna, che aveva la pelle di gomma profumata verde acido, mi ha detto cose incredibili. È scesa in acqua vicino a me e ha cominciato a parlarmi dolcemente chiamandomi morbidone. Questa cosa mi piaceva molto e mi ha fatto andare fuori di testone; così quando lei, sempre parlandomi, mi ha accarezzato, io le sono rimasto vicino; e mi sono fatto coccolare anche quando un umano con macchina fotografica ci ha fatto delle foto».
Poi prosegue: «Com’era bella quella ragazza! Anche se era troppo magrolina per i miei gusti, credo di essermi un po’ innamorato di lei. Spero sempre che torni e quando vedo in lontananza il colore verde acido cerco di avvicinarmi. Fino ad oggi non l’ho rivista. Ho visto altre ragazze con pelle di vari colori ma loro mi avvicinano, si mettono in posa accanto a me, il fotografo scatta diverse foto e poi se ne vanno, senza una parola né gesto. Forse credono che io sia paragonabile a un’automobile, magari una Ferrari o una Porche, vicino alla quale posare».
Ardi ride, poi si scusa: «Non volevo ferirti con la mia risata, il tuo discorso è molto vero e capisco il tuo malumore e la tua delusione, ma il paragone finale non regge, dovresti almeno scegliere mezzi meno veloci, non credi?».
«È vero, hai ragione, Ardi» risponde sorridendo Ciccio. «Io sono più simile a un furgone». E tutti e due si fanno una sana risata.
Arriva alla sorgente un gommone con a bordo degli umani che lanciano una fune con l'ancora. Ciccio rivolgendosi ad Ardi dice: «Evviva, ci voleva».
«Di cosa stai parlando?» chiede Ardi. Ciccio risponde: «Avevo proprio un fastidio alle gengive e credo che andrò a mordicchiare la corda del gommone. Noi dobbiamo arrangiarci come meglio possiamo. L’altro giorno una mia amica aveva un prurito diffuso su tutto il corpo e io le ho consigliato di sfregarsi contro un tronco sommerso, lei mi ha ascoltato e dopo si è sentita meglio».
Così dicendo Ciccio saluta Ardi, si avvia verso la corda che galleggia in acqua e inizia a morderla.
Questa operazione dura parecchio, così Ardi decide di farsi un giro lì intorno. Poco più avanti emergono altre due narici a respirare aria e Ardi non perde occasione per fare un’altra conoscenza dicendo: «Ciao manato, come va?».
L'enorme testa esce completamente dall'acqua, guarda il papero e dice: «Non va tanto bene, purtroppo: l'altro giorno un’imbarcazione a motore mi ha investito e l’elica mi ha procurato dei tagli sul dorso».
«Accipicchia, ti ha fatto male?» domanda Ardi.
«Un po’ sì» risponde il manato. «Ma la colpa è mia: sono riemerso senza fare attenzione».
«Ma poi guarisci, vero?» chiede preoccupato Ardi.
«Sì, questa volta mi è andata bene perché le ferite sono superficiali, noi abbiamo la pelle dura, quindi mi resteranno solo delle cicatrici. Ma poteva andare peggio».
«Adesso che dici così» lo interrompe Ardi, «anche Ciccio ha dei segni sul corpo.»
«Conosci Ciccio?» chiede sorpreso il manato.
«Sì, abbiamo fatto una piacevole chiacchierata prima».
«Allora sai dov’è? Io lo stavo proprio cercando perché volevo da lui dei consigli su come curarmi le ferite; lui è un esperto» dice il manato.
«È laggiù sotto il gommone; si sta massaggiando le gengive con la corda dell’ancora. A proposito, salutamelo tu perché si è fatto tardi e devo tornare a casa prima che faccia buio. E digli che tornerò ancora a trovarvi perché la vostra compagnia è stata davvero piacevole».

1 commento:

DANIELA DE DONNO ha detto...

UNA PAUSA CAFFE DAVVERO PIACEVOLE QUESTO RACCONTO
MI SONO IMMAGINATA TUTTI I PERSONAGGI E ANCHE IL LUOGO .-)