"Una donna tra i gorilla", di Farley Mowat (Rizzoli, 1989)
Uncle Bert è stato superlativo - quieto accanto a me nel suo nido diurno, e tutti gli altri sono rimasti lì vicino. Il piccolo Kweli, di un anno, figlio di Uncle Bert, è venuto a sedersi sui miei piedi mentre la madre, Macho, si rassettava, lanciandomi ogni tanto uno sguardo per accertarsi che stavo facendo bene il mio lavoro di
baby-sitter.
Più tardi, in quel medesimo giorno, un acquazzone di violenza insolita si abbatté sulla radura dove il gruppo era intento a mangiare. La visibilità era ridotta quasi a zero, quando dalle tenebre spuntò Digit, il beniamino di Dian. Restò in posizione eretta per qualche secondo, con la pioggia che gli ruscellava sulla pelliccia lucida, a guardare la forma supina di lei. Poi, con quello che forse Dian interpretò come un gesto deliberato di empatia, strappò uno stelo di sedano selvatico, lo nettò delle dure foglie esterne con la mano robusta e glielo gettò ai piedi, poi si dileguò nel buio che si addensava.
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