Il nostro prossimo è tutto ciò che vive (Gandhi)

venerdì 27 giugno 2014

Mayfair e il mistero del lago

-dodicesima puntata-



Pioveva. Con insistenza. Imprevedibilmente, dopo la giornata di sole, fredda ma limpida. Come d’accordo, Carlo attese sul taxi l’agente in borghese. Quando fu vicino all’auto, l’uomo fece cenno a Tonolli di non scendere e gli passò con la maestria di un prestigiatore un cappellaccio a tese larghe, una sciarpa e un trench extra large.
«Monsieur Tonolli, il commissario teme che l’assassino sia ancora nei paraggi, poi le spiegherà perché. Ora lei nasconda bene il suo viso, io salirò nel taxi e quando scenderemo finga di essere vecchio e curvo.»
Carlo non sapeva se essere incuriosito o terrorizzato.
«A proposito», continuò il poliziotto osservando il muso di Mayfair fra un bottone e l’altro del trench che il giornalista aveva già indossato, «il cane non deve assolutamente vedersi. Ormai è il suo distintivo, no?»
Varcarono la soglia del piccolo alloggio di rue de Clercy alle 21.30 esatte. L’agente permise a Carlo di spogliarsi soltanto quando la porta d’ingresso fu chiusa.
Seduta sul divano una ragazza grassa, vestita di nero, stava singhiozzando con il volto fra le mani.
«Lorraine», pensò Carlo.
Il cadavere giaceva riverso su una vecchia poltrona a dondolo che, nonostante la rigida immobilità dell’ospite, continuava sinistramente a cigolare in un brevissimo, irrefrenabile dondolìo, forse dovuto al peso del corpo.
La squadra della Scientifica era al lavoro da più di un’ora nella ricerca di indizi, ma già poteva affermare con assoluta certezza che non c’era alcuna traccia di impronte digitali. Un delitto “pulito”, come si dice.
Damiens spiegò a Carlo che Antoine era morto sul colpo: il proiettile era entrato proprio al centro degli occhi fuoriuscendo dalla nuca e andando ad impiantarsi nel muro dietro la poltrona, con un orribile schizzo di sangue e di materia celebrale. Evidentemente l’assassino aveva composto il cadavere sulla poltrona successivamente al delitto, che doveva essersi consumato in piedi, a una distanza di un metro al massimo, come un’esecuzione vera e propria.
«Ora bisogna capire se Antoine ha parlato. In questo caso, purtroppo prevedibile, la signorina Mac Neely potrebbe essere in serio pericolo. Tuttavia bisogna dire che Antoine non sapeva chi fosse la persona mandata da Valenti, quindi l’assassino non sa bene dove andare a parare anche se, malauguratamente, siamo più che certi che sia stato presente al colloquio di oggi al Pont Royal. Dunque, fisicamente, conosce bene Bamboo.»
«Ma scusi, commissario, se Antoine avesse confessato l’appuntamento con la Mac Neely di questa sera, non sarebbe stato logico che Mister X attendesse qui pazientemente il suo arrivo, dal momento che ciò che gli interessa sarebbe arrivato con lei?»
«Ovviamente sì. Se non fosse stato disturbato dall’arrivo imprevisto di mademoiselle Lorraine che ha suonato il citofono per farsi aprire il portone dal fidanzato. L’assassino ha risposto con un semplice e anonimo “Sì?”, ha aperto il portone ed è sgattaiolato sul pianerottolo dietro la tromba dell’ascensore. Il suo Mister X ha atteso che Lorraine entrasse, è uscito dallo stabile e, molto probabilmente, si trova ancora qui, magari comodamente seduto al bar di fronte per osservare chi entra e chi esce. Per questo motivo ho preferito che la Mac Neely non si facesse vedere e che lei si travestisse a questo modo. L’assassino sa chi è lei, Tonolli.»
«Forse anche noi possiamo fare grossolanamente un suo identikit, in base alle descrizioni delle persone presenti al bar del Pont Royal che Bamboo mi ha fornito.»
Per recuperare il taccuino degli appunti nella tasca interna della giacca, Carlo dovette deporre Mayfair a terra, fra i suoi piedi.
«Stai lì brava, ok?»
Per un attimo Damiens spostò l’attenzione sul piccolo cane e si domandò se Tonolli, più che un tipo originale, non fosse semplicemente un po’ “pedé”. «Eppure, a parte la scelta di un cane tanto femminile, non si direbbe», pensò, anche se con il suo lavoro, ne aveva visti tanti di machi tutti muscoli e baffi correre dietro ai ragazzini. Sarebbe un peccato, concluse fra sé e sé.
«Allora, a parte il texano che abbiamo detto è uno dei suoi, c’era una coppia di mezza età che escluderei. Non tanto per il fatto che sono in due, ma semmai perché Bamboo ha molto insistito sulla loro aria triste, insulsa e appartata. Mi ha descritto poi un giovane effemminato sui trent’anni che leggeva il giornale. Tuttavia le persone poco virili non siglano di norma omicidi di questo tipo. Sono più portati a morti senza sangue, con moventi passionali e nevrotici, dove la forza fisica è in secondo piano. Noi non conosciamo il movente di questi omicidi, d’altra parte possiamo escludere senz’altro ragioni sessuali. Rimane quindi il vecchio elegante che dormicchiava, seminascosto in una poltrona d’angolo ma allo stesso tempo molto vicina al bancone dove Bamboo e Antoine parlavano. Di lui sappiamo solo che è alto, magro, con molti capelli grigio-argento, il naso aquilino. Un po’ poco ma è pur sempre qualcosa. Che ne pensa Damiens?»
«Sono pienamente d’accordo con la sua analisi e chiederò a Bamboo la descrizione minuziosa di ogni particolare che può essere in grado di ricostruire per un identikit. Lei che fa? Parte lo stesso per Ginevra?»
«Certamente. Questo episodio non cambia nulla. Io continuo a possedere la ricevuta che mi permette di aprire la cassetta. L’unica differenza è che Mister X, a questo punto, sarà più nervoso del previsto e dovrò usare ancora più cautela. Mi servirà un sostituto di mademoiselle Mac Neely perché non sono molto portato per i travestimenti. A meno che... a meno che non usiamo proprio Bamboo come esca.» Carlo sembrava esilarato da quest’ultima idea.
L’ho detto che è un pedé..., disse a se stesso il commissario.
«Ma come può pensare una cosa simile? Come può mettere in pericolo la vita di una giovane donna che non è neppure un poliziotto?» disse invece a voce alta.
«Almeno chiediamole se è disponibile, non le pare? E non faccia tanto lo scandalizzato: è lei che mi ha proposto fin dall’inizio la collaborazione di Bamboo. Ora mi sembra idiota inventarsi un’altra pantomima quando possiamo arrivare prima alla soluzione del problema.»
Damiens convenne che Tonolli aveva ragione. Decisero di andare insieme a casa della ragazza per concordare il piano di lavoro.
Fu a questo punto che Carlo si accorse che Mayfair non era più fra le sue Church’s.
«Avete visto il mio cane?» domandò agli agenti della Scientifica.
«Quale cane? Lei ha un cane?»
In effetti Mayfair poteva tranquillamente passare inosservata, piccola com’era.
«Non può essere andata lontano, con quelle zampe fasciate», azzardò Damiens. «Mentre la cerca, avviso la Mac Neely che stiamo arrivando da lei. L’aspetterò giù in macchina.»
Carlo chiamò Mayfair con un fischio. Lei rispose con un breve latrato da sotto la poltrona a dondolo con morto. Strano, pensò Carlo. Aveva già avuto modo di constatare purtroppo, che il suo cane non amava stare nelle vicinanze di un cadavere. Si avvicinò alla poltrona, si piegò a terra e vide Mayfair che tirava con i denti l’angolo di un fazzoletto di lino incastrato sotto il dondolo. Carlo lo afferrò e con uno strattone secco lo sfilò e se lo mise in tasca. L’avrebbe analizzato più tardi: ormai aveva imparato a prendere sul serio le indicazioni del suo cane che, nel frattempo, aveva approfittato di un numero di “Le Monde” abbandonato sul pavimento per fare una piccola pipì.
Rise fra sé al pensiero di come avrebbero catalogato quest’ultimo reperto gli esperti della Scientifica. Si imbacuccò con cappellaccio e trench, nascose bene Mayfair sotto la giacca, riprese l’andatura curva dell’arrivo, salutò tutti e raggiunse Damiens alla macchina.
«Sono io. Passami il tuo capo.»
«Sai che non devi chiamare a questo numero. Lo farai innervosire.»
«Sono in una cabina pubblica. Sbrigati, per favore.»
«Non dirmi che non hai ancora capito che gli ordini qui li do soltanto io», una voce rugosa e arrogante s’era improvvisamente inserita in linea, coprendo le altre due. «Chiudi Louis. Devo parlare con il mio amico. Allora, mi sembra che la scadenza del nostro patto non sia stata rispettata. Non doveva essere un giochetto da ragazzi?»
«Non tutte le ciambelle riescono col buco: mi ritrovo fra le palle un giornalista che gioca a fare l’investigatore.»
«I tuoi problemi non mi interessano, anzi mi irritano. Questo giornalista non dovrebbe essere d’intralcio perché non è un professionista. O mi stai dicendo che riesce a farti fesso?»
«Sto dicendo che ho bisogno di una proroga di una settimana, al massimo.»
«A questo punto la proroga mi sembra inevitabile. Ma attenzione, amico mio, non ce ne sarà un’altra. Sai cosa voglio dire. L’appuntamento resta invariato: stessa ora stesso luogo. Cambia soltanto la data: fra una settimana sarà il 12 gennaio.»
E la comunicazione si troncò di netto.
Bamboo aprì la porta con un sospiro. Carlo era ancora lì, sano e salvo con il suo loden, la sua cagnolina e il suo mezzo toscano spento fra le labbra. Sembrava solo stanco e, forse, un po’ preoccupato.
Il giornalista e il commissario le chiesero una tazza di caffé nero e Damiens iniziò il resoconto della serata.
«Cosa ne pensi di accompagnarmi a Ginevra?» Carlo l’aveva buttata lì, interrompendo il monologo di Damiens.
Lei lo guardò. «Ti servo da esca?»
La mezza cinese non era davvero stupida.
Damiens, in silenzio, a capo chino, si sentì a disagio. Capiva che alla ragazza piaceva molto l’italiano e forse si aspettava una risposta diversa da quella che arrivò sicura e istantanea come una frustata.
«Sì. Ovviamente. Non certo per farmi compagnia.»
Era freddo. Cinico e freddo. Anche un po’ maleducato. Bamboo si sentì ferita nel profondo della sua femminilità.
Di lei non gli importava assolutamente nulla. Se ne voleva servire. Basta. Per lui, lei non era neppure una donna.
Gli occhi obliqui, scuri come la notte, divennero tristi e s’infilarono in quelli grigi di Carlo.
«S’intende Bamboo, che lei non è obbligata a farlo. È stata fin troppo disponibile in tutta questa storia.» Damiens cercava di rimediare almeno un po’ alla durezza di Carlo (Dev’essere proprio pedé, si ripeté).
La ragazza rispose dopo qualche secondo, sempre fissando negli occhi il giornalista.
«Ho poco tempo per prepararmi, credo. Quindi è meglio che adesso mi lasciate sola, così faccio i bagagli e preparo la relazione scritta che lei mi ha chiesto, commissario, sul vecchio al bar del Pont Royal.»

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