Il nostro prossimo è tutto ciò che vive (Gandhi)

venerdì 1 agosto 2014

Mayfair e il mistero del lago

-ventiquattresima puntata- 


 

12 gennaio 2001, Strasburgo, ore 21
Bamboo rientrò in albergo in cinque minuti. Aveva scelto quella pensione per poter essere vicina il più possibile a Carlo. Anche se lui, ovviamente, non glielo aveva chiesto. Era stata una sua iniziativa. Perché, oltre al fatto che ormai amava perdutamente quell’uomo, si sentiva in colpa per non aver potuto recuperare Mayfair. Non se ne sarebbe andata finché lui non fosse stato dimesso dall’ospedale, e sembrava che ne avesse almeno per una settimana.
Si tolse le scarpe e si sedette sulla sponda del letto. Non aveva mangiato nulla tutto il giorno e si sentiva stanca. Ritornò con la mente alla sera di due giorni prima, e al colloquio con la receptionist cotonata dell’hotel di Carlo.
«Oh no, madame. Il cane è stato prelevato dallo zio di monsieur Tonolli più di un’ora fa.»
Il respiro le era mancato di colpo. Poi s’era messa a gridare: «Ma Tonolli le aveva detto che sarei passata io e nessun altro a prendere il cane, non è vero? Come ha potuto far entrare in camera sua uno sconosciuto? Come ha potuto consegnargli il suo cane? Che razza di albergo è questo?»
«E che ne so io? Quel signore era molto distinto e facoltoso. Mi ha detto di essere lo zio e che doveva portare a spasso il cane perché Tonolli era stato trattenuto non so dove per lavoro.»
Bamboo non riusciva più a seguirla. Potere di una lauta mancia e Mayfair non c’era più. Forse era già morta o abbandonata da qualche parte della città, il che sarebbe stata la stessa cosa.
Il telefono suonò dal comodino.
«Hallo?»
«Ciao Bamboo, come sta Carlo? Ho parlato poco fa con lui, ma non credo a una parola di quello che mi dice.»
La voce di Lucia Guanzani aveva un’inflessione malinconica e trepidante che Bamboo non conosceva. La nobildonna era rientrata a Bellagio il giorno prima e sperava che Carlo potesse raggiungerla appena possibile per la convalescenza.
«Sta già molto meglio, madame. Oggi ha potuto fare anche qualche passo in corridoio. I medici dicono che fra una settimana potrà essere dimesso.»
«Ti prego, cara, cerca di convincerlo a venire da me. Manderò Guidone a prenderlo. Anche se cerca di nasconderlo, mi sembra ancora molto agitato per la piccola Mayfair.»
«Oui, ça c’est vrai, madame. Non la si può nemmeno nominare. Spesso tace di colpo, si rabbuia, diventa irascibile.»
«Ti richiamerò domani. Sono contenta e più tranquilla che tu sia lì con lui. Ciao.»
Bamboo riappese e decise di ordinare una cena leggera in camera. Ma, mentre parlava con il servizio ristorante, sentì dalla sua borsa squillare un cellulare.
«Pardon monsieur, vi richiamerò fra poco.»
Frugò nell’inseparabile Hermès nera e riconobbe il portatile di Carlo. L’aveva dato a lei perché in ospedale non avrebbe potuto usarlo.
«Hallo?»
«Buonasera, mademoiselle. Io sono Jerôme.»
Era una voce dolce, da bambino.
«Quale Jerôme?»
«Il fiorista, di Ginevra.»
«Ma noi non abbiamo ordinato fiori.»
«Sì certo, lo so.»
«Allora? Cosa posso fare per lei?»
«Io credo che lei abbia perduto la sua piccola Mayfair. Ma non deve temere: la mignon è qui con me e sta bene.»
Bamboo non riuscì a gioire per la notizia e s’irrigidì. Possibile che quella voce tanto dolce e serena la stesse ricattando? Cosa doveva fare? Decise di aggredirlo.
«Dica pure subito cosa vuole il suo complice e state tranquilli, non avvertiremo la polizia.»
«Non la capisco mademoiselle. Cosa c’entra la polizia? Io voglio solo dirle che Mayfair sta bene e che se vuole può venire a prenderla.»
Jerôme sembrò improvvisamente triste. Ma era sempre così quando non capiva.
«Mi perdoni, non volevo offenderla, ma la cagnolina era stata rapita da un uomo malvagio.»
«Oh, sì. L’ho visto. Ero sicuro che non fosse lui il padrone di Mayfair... per questo non l’ho riportata alla villa.»
«Quale villa?»
«La villa più grande del lago.»
«Lui è ancora lì?»
«Sì. C’è la sua macchina nera in giardino.»
«Mi racconterà tutto domani. Io parto subito, mi dica dove vuole incontrarmi.»
«Qui, a casa mia, è il posto più sicuro.»
Bamboo annotò l’indirizzo sulla sua agendina.
«Au revoir, Jerôme, e grazie, grazie di cuore.»
La ragazza decise di non dire nulla a Carlo nel timore che facesse pazzie per andare personalmente a prendere Mayfair. Stabilì invece che fosse necessario avvisare il commissario Ghezzi.
«A quest’ora è a casa signorina», rispose il brigadiere di turno.
«Gli dica che è urgentissimo: gli devo parlare subito.»
Riappese e iniziò a rivestirsi. Preparò una piccola borsa da viaggio e, per ogni evenienza, una bustina con le medicine di Mayfair che Carlo teneva nella sua valigia ora affidata a lei.
Finalmente suonò il telefono.
«Signorina Mac Neely? Buonasera, sono Ghezzi. Cos’è successo ancora?»
«Commissario buonasera. Grazie per avermi chiamato. Io sto partendo per Ginevra. Il cane di Tonolli è stato ritrovato da un fiorista che sa dove si trova ora De Mei. Le conviene procurarsi un mandato di perquisizione e venire con me.»
«Volentieri, ma chi dovrei perquisire?»
«Non lo so, però le posso dire che De Mei è ospite in una villa sul lago.»
«Faremo tutto a Ginevra con Montani. Ci vediamo all’eliporto di Strasburgo fra due ore. Mi raccomando, non dica nulla né a quel pazzo di Tonolli, né al suo collega di Como.»
«Non si preoccupi. L’aspetterò.»


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