Il nostro prossimo è tutto ciò che vive (Gandhi)

mercoledì 6 agosto 2014

Mayfair e il mistero del lago

-ventiseiesima puntata-



13 gennaio 2001, Como, ore 14.
I colleghi lo chiamavano Barbetta per via di quell’incostante peluria che gli ricopriva le guance e il mento. Ma Tonino Pensi, giovane e zelante redattore, se la prendeva soltanto se lo chiamava in quel modo la segretaria di direzione, Franca, detta “Il mastino”. E ciò capitava sempre, spesso proprio davanti a Viani. Fu così anche quella volta.
«Ciao, Barbetta.»
«Buongiorno, signora. C’è il direttore per cortesia?»
Come sempre il Pensi adottò un linguaggio e un atteggiamento assolutamente formali. Ma, come sempre, invano. E dovette, come sempre, sorbirsi le risatine di tutte le galline della segreteria.
«No, Barbetta. Il capo è andato a pranzo. È urgente?»
«Sissignora. La mia richiesta riguarda le risposte al pezzo di Tonolli sulla corruzione uscito stamattina. Glielo può riferire appena rientra? Mi sembra ci tenga molto a conoscerne l’entità.» Ormai il Pensi era impettito come un tacchino e le galline non poterono più trattenersi.
«Se vuoi puoi lasciare le stampate sul suo tavolo.»
Il ‘tu’ era una novità non proprio gradita.
«No signora, preferisco parlargliene di persona visto che ho altri problemi da sottoporgli.»
Uscì sbattendo la porta.
«Ehi, Barbetta, guarda che il direttore vuole che questa porta resti sempre aperta», gli urlò alle spalle la “signora”. Ma lui neppure si girò e continuò con passo deciso verso il suo corner nell’open space chiamato dai giornalisti “fossa comune”, fra le risate di tutta la redazione.
Viani arrivò mezz’ora più tardi. «Buongiorno, Franca, e buongiorno ragazze. Novità?»
«Buongiorno, direttore. Ha chiamato il sindaco per quell’appuntamento di dopodomani, deve ricordarsi di firmare le fatture in sospeso che le ho lasciato sulla scrivania e l’ha cercata il dottor Tonolli da Strasburgo. A proposito, il Barbetta dice che vorrebbe relazionarla sulle prime risposte dei lettori al pezzo sulla corruzione di oggi.»
«Me lo mandi subito.»
«E il sindaco?»
«Dopo.»
«E le fatture?» “Il mastino” non mollava.
«Insomma, mi vuol mandare il Pensi?» La segretaria abbozzò e con la faccia sempre più da molosso  alzò la cornetta e compose l’interno del Barbetta.
Il direttore lo aspettava in piedi sulla porta dell’ufficio.
«Ciao Pensi, vieni subito dentro.»
Bella soddisfazione, davanti a tutte le galline!
«Ecco direttore, prima di sottoporle queste stampate vorrei approfittare per...»
«Per carità, questo problema è urgentissimo. Approfitterai un’altra volta... dammi qua. Hanno risposto in molti, vedo.»
Viani inforcò gli occhiali e iniziò a studiare i fogli.
«Veramente si tratta di un mio personale problema con la segreteria, che mi mette non poco a disagio...»
«Ma guarda in quanti hanno già risposto... quel Tonolli è davvero un mago! Cosa dici? La segreteria? Ma chi se ne frega, scusa, della segreteria...»
«È che...»
«Hanno risposto soltanto dall’Italia? Non ho tempo di leggere tutto.»
«No. C’è un e-mail da un posto pubblico di Ginevra. Comunque la signora Franca...»
«Fammi vedere subito quella e-mail se non vuoi che ti sbatta subito fuori di qui. Sei un giornalista o una donnicciola? Ma perché devo sempre perdere tempo con tutte queste stronzate?»
Che modi gli venivano ogni volta che c’era di mezzo Tonolli! Non sembrava più lo stesso uomo elegante e compito. Metteva i brividi.
E il Pensi tremò davvero passandogli la risposta da Ginevra.
«Grazie. Adesso puoi andare.»
13 gennaio 2001, Strasburgo, ore 15.
Prima di entrare in ospedale Bamboo infilò Mayfair in fondo alla sua shopping scozzese e la coprì con il pullover di cachemire.
«Reste là ma petite. Stai buona e presto rivedrai Carlo.»
La cagnolina si accucciò sul fondo della sacca, muta e fermissima, e la ragazza affrontò con disinvoltura l’impiegata dell’accettazione.
«Je vais chez Monsieur Tonolli, chambre 175.»
«Oui mademoiselle, bonjour!»
L’ascensore era vuoto, per fortuna, e Bamboo sussurrò alla borsa: «Quelques minutes encore, mon petit choux.»
La porta della camera di Carlo era una delle prime sulla sinistra. Bamboo bussò e senza attendere risposta entrò annunciandosi sempre in un sussurro: «Ciao Carlo, c’est moi
L’uomo supino dormiva profondamente.
Lei chiuse la porta, si avvicinò al letto, prese dalla borsa Mayfair, che era in preda a un tremore emotivo incontrollabile, e la pose al suo posto, sul petto di Carlo. La cagnolina restò così, immobile, con il cuore impazzito, completamente distesa dal muso alle zampe posteriori, lo sguardo di carbone dignitoso e incredulo, dal sotto in su.
L’uomo aprì improvvisamente gli occhi che si spalancarono prima sul cane, poi su Bamboo, e poi ancora sul cane. E il grigio di quegli occhi riprese a  brillare, mentre Mayfair si raggomitolava dentro le lunghe mani chiuse a coppa.
«Dov’era?»
Carlo parlava sottovoce. Sembrava temere di svegliarsi da un sogno.
«Ti racconterò dopo, mon cher. Per fortuna portava la medaglietta.»
«Sta bene?» Il tono dell’uomo era amorevolmente preoccupato.
«Benissimo.»
«Non posso credere che sia ancora qui... Grazie.» Carlo chiuse gli occhi, per nascondere che erano lucidi.
Il telefono suonò discretamente.
Rispose Bamboo: «Hallo?»
«Buonasera Bamboo. Tonolli può parlare?»
«Bonsoir direttore. È Viani. Vuoi parlargli?»
«Certo. Passamelo.»
«Grosse novità Tonolli. Il pesce ha abboccato. Ascolti il testo di questa e-mail arrivata da un sito pubblico di Ginevra: Importanti prove da segnalare riguardo il vostro articolo. Sono disponibile a incontrarvi subito. Ditemi dove e porterò con me anche una mia piccola amica inglese come interprete. Segue un indirizzo anonimo di posta elettronica. È De Mei.»
«Sì. Peccato per lui che la sua piccola amica inglese sta ronfando beata fra le mie braccia!»
«Ma no! E come è successo? Come l’ha ritrovata?»
«Me l’ha recapitata adesso Bamboo e non mi ha ancora spiegato nulla. Meglio così. Se la sbrigherà direttamente la polizia. Risponda subito in questo modo: Clinica La Madonnina di Milano. Camera 308, 14 gennaio ore 16 .»
«Ma lei è proprio pazzo. Ryer non ne sa niente.»
«Lasci fare, Viani. Al suo posto De Mei troverà Ghezzi o chi per lui.»
Carlo riappese e chiese al centralino il numero di Ghezzi.
«Il commissario non c’è, signor Tonolli. È in servizio a Ginevra.»
«Devo parlargli subito. Mi metta in contatto con lui, per favore.»
In attesa della telefonata, Bamboo ebbe il tempo di raccontargli il recupero di Mayfair e il motivo della presenza di Ghezzi a Ginevra.
«Ma chi abita in quella villa?»
«Non lo so. Io sono venuta subito qui per riportarti la petite
«Evidentemente De Mei non è più lì, visto che ha potuto rispondere al giornale...»
In quel momento chiamò Ghezzi.
«Che c’è Tonolli di così urgente?»
«Ha trovato qualcosa di interessante alla villa commissario?»
«Questo non la riguarda. Si può sapere che cosa vuole?»
«Credo invece che mi riguardi visto che qualunque scoperta abbiate fatto la dovete al mio cane...»
«La smetta e venga al sodo, non ho molto tempo.»
«Immagino...o meglio, non credo che abbiate trovato De Mei...»
«Come fa a saperlo?»
«Perché ha un appuntamento con me, domani alle 16, alla Clinica Madonnina, nella camera di Ryer. E, dal momento che io sono impossibilitato a essere presente, pensavo di mandarci lei. Sia puntuale, mi raccomando, soprattutto per l’incolumità del povero Ryer che non ne sa niente.»
«Vorrebbe darmi delle spiegazioni?» Ghezzi stava schiumando.
«Non credo che la riguardino.»
Carlo troncò così la conversazione, strizzò un occhio a Bamboo e riprese ad accarezzare dolcemente il suo cane.

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