“Gli occhi più dolci”, di Antonella Tomaselli (storia vera di Alessandro L., da “Confidenze tra amiche”, numero 9, 2015)
Erano
morbidi. Di velluto grigio. L’espressione seria e il musino pieno di
rughe, cozzavano con i loro movimenti buffi. Appartenevano a due
cucciolate diverse, ma avevano solo un paio di giorni di differenza. La
femminuccia guaiva e gironzolava nel piccolo recinto, poi si era seduta
sulle zampe dietro, aveva alzato la testa al soffitto, e aveva intonato
un ululato. Un’invocazione tenera, piccina.
Il
maschietto, pure lui seduto, la guardava con un interesse mitigato da
un po’ di sonnolenza. All’ululato di lei, aveva sbadigliato, mettendo in
mostra una linguina che pareva un petalo di rosa. Un istante e avevano
cominciato a giocare rotolandosi in capriole e fingendo di mordersi.
Avevo preso lui tra le mani, e mai degli occhi mi erano parsi più dolci.
Anna, mia moglie, sorrideva. «Mi fanno impazzire questi polpastrelli»
mi disse, mentre con un dito accarezzava i piedini del cucciolo.
«Come li chiameremo?» le chiesi.
«Be’,
sono due mastini napoletani, non possiamo dargli dei nomi troppo
frivoli. Però nemmeno troppo severi…» rispose lei, pensierosa. Poi le si
erano accesi gli occhi: «Li chiameremo Simba e Nala».
E così ci portammo a casa i protagonisti del “Re leone”.
Crebbero
veloci. Ripulivano le ciotole piene di cibo come due fulmini. Dormivano
appiccicati: avevamo preparato due cuccette, una per ciascuno, ma loro
preferivano accoccolarsi entrambi ora in questa, ora in quella. Quando
si svegliavano, facevano squadra per combinar marachelle.
Arrivò
il momento di portarli al lavoro con me. Ho un grande magazzino,
circondato da una vasta area verde. Lì, avevo preparato per Simba e
Nala, un ampio recinto. Il programma era di lasciarceli durante il
giorno, quando il cancello si apriva continuamente per permettere di
entrare e uscire ai camion che trasportavano le merci. Di notte invece
li avrei liberati e loro avrebbero tenuto lontano i malintenzionati. E
mi avrebbero fatto compagnia, dato che anch’io mi fermavo lì a dormire.
I
due divennero in breve i padroni del luogo: cacciavano farfalle e
osservavano l’andirivieni nelle ore diurne, e di notte si travestivano
da guardiani.
Sempre in coppia.
Una
volta li avevo visti sdraiati al sole che si accarezzavano con quelle
loro belle zampone. Anna diceva che erano due innamorati.
Successe
quando avevano circa un paio di anni. Una sera, dopo aver fatto uscire i
miei due cani dal loro recinto, mi addormentai nella stanzetta sopra
gli uffici del magazzino. Non so ancora spiegarmi il perché, ma avevo
trattenuto il telecomando del cancello, che era finito tra le lenzuola.
Durante la notte era caduto a terra e il cancello si era aperto.
Certamente a Simba e a Nala parve un gioco nuovo e, curiosi, si
avventurarono in quel territorio esterno, a loro sconosciuto. Solo il
mattino dopo mi resi conto di ciò che era successo. Corsi a destra e a
sinistra chiamando forte i miei cani, ma sembravano spariti nel nulla.
Telefonai a mia moglie e lei mi raggiunse subito. Eravamo disperati,
Anna piangeva. Io ero preoccupato per Simba e Nala, e temevo pure che
potessero causare qualche disgrazia. Erano due mastini dolcissimi, ma
forse impauriti e sperduti, avrebbero potuto far del male a qualcuno.
Io
e mia moglie saltammo in macchina e cominciammo a perlustrare i
dintorni. Lei, attaccata al cellulare, aveva avviato un fitto tamtam
verso parenti e amici, che interruppe giusto per rispondere a una
telefonata in arrivo. Era uno degli amici interpellati pochi minuti
prima: si trovava in un paese vicino, gli era stato rubato il
portafoglio e mentre ne denunciava il furto aveva sentito di due mastini
che erano stati investiti. Ci precipitammo sul posto che ci aveva
indicato. E quello che vedemmo ci rimarrà per sempre impresso nel cuore.
C’erano diverse persone, un’auto era ferma in mezzo alla strada, alcuni
agenti cercavano di regolare il traffico. Nala era sdraiata a terra,
senza vita, abbandonata su un fianco. Un rivoletto di sangue spiccava
sul mantello, vicino al labbro, e si perdeva nelle pieghe della pelle.
Sopra di lei, ritto in piedi, c’era Simba. Il corpo della femmina tra le
sue zampe. Continuava a proteggerla. A tratti ringhiava. Un ringhio
sordo, temibile, che si scatenava in un abbaio infernale, con nastri di
bava ai lati della bocca, se qualcuno cercava di avvicinarsi. La gente
voleva togliere i due cani dalla strada, ma nessuno aveva il coraggio di
affrontare il terrificante mastino. Io e Anna corremmo da lui. Mi
guardò per un attimo, gli occhi, che erano stati i più dolci, erano
colmi di dolore. Riuscii finalmente a trascinarlo via.
Simba
non fu più lo stesso. In un primo tempo rifiutò anche il cibo. Lo
portammo da un veterinario che cercò di aiutarlo, ma per l’amore
perduto, non ci sono medicine. Diventò un cane triste. E feroce.
Arrabbiato con tutti. Ormai lo potevo avvicinare solo io. Mi faceva una
pena indicibile quando, di notte, ululava alla luna. Sembrava che
chiamasse disperatamente la sua Nala. Non potevo dormire, quell’ululato
infinito strappava il cuore.
Una
sera, era passato quasi un anno, uno dei miei dipendenti, dimenticò il
cancello aperto. E Simba se ne andò. Me ne accorsi il mattino dopo,
all’alba. In un déjà vu orribile ripercorsi l’affanno e le paure della
volta precedente. Forse di più. Anna mi aiutò nelle ricerche. Ma del
nostro mastino, nemmeno l’ombra. Non volevamo darci per vinti, però ci
sembrava una battaglia persa. «Lo troveremo morto su una strada»
sussurrai angosciato. Mia moglie mi afferrò il braccio: «So dov’è!». Si
mise lei alla guida e arrivammo, a velocità sostenuta, sul luogo dove un
anno prima Nala era stata investita.
Simba
era là, seduto come una sfinge, vicino al bordo della strada. Immobile.
Ci precipitammo verso di lui. Abbracciai il mio cane dagli occhi
tristi. Lui uggiolava.
Ancora
una volta fu dura trascinarlo via. Mia moglie prese ad accarezzarlo:
«Poverino, sei così solo, senza la tua Nala». A quelle parole mi venne
un’idea. No, non sarebbe stata la stessa cosa, ma dovevo provare. Gli
avrei regalato un cane!
Prima di sera l’avevo trovata: una femmina di sei mesi.
Simba guardò subito la nuova arrivata con sospetto e con poca simpatia. Ma col passare dei giorni i due diventarono amici.
Lui
ora è più sereno, lei – si chiama Ginevra- è una buffoncella e,
lasciatemelo dire, sono davvero una bella coppia. Di una cosa sono
certo: quel cancello non verrà più aperto per errore.
Va
tutto meglio, ma Simba non ha dimenticato. Certe volte il suo cuore
spezzato ulula ancora alla luna, reclamando Nala, scuotendo la notte.
1 commento:
FOSSE COSI' L'AMORE TRA NOI ESSERI UMANI ...SI POSSONO CONTARE SULLE DITA DELLE MANI ....SIMBA E NALA UN ESEMPIO DA SEGUIRE....DOLCISSIMI!!
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