Il nostro prossimo è tutto ciò che vive (Gandhi)

martedì 14 aprile 2015

Ho un cane a pois

 


“Ho un cane a pois”, di Antonella Tomaselli (storia vera di Mattia Favulli, da “Confidenze tra amiche”, numero 13, 2015)


Tutti i miei cani sono, o sono stati, un po’… strani. O forse è meglio dire un po’ sfortunati. Di sicuro Lilly aveva un cielo astrale complicato, con frotte di pianeti contrari. La trovai in una cascina, erano malridotte e abbandonate entrambe. Non mi occupai della cascina ma presi la cagnolona. Era magrissima, coperta di rogna ed epilettica. E aveva due occhi pieni di spavento. Piano piano la rimisi in sesto, anche se è rimasta una malata cronica, ma con una pastiglietta al giorno le sue crisi sono sotto controllo. Il suo sguardo ha perso la paura, però al di là delle pagliuzze dorate dei suoi occhi, se osservi bene, puoi scorgere ancora l’ombra di passate angosce. Adesso lei ha tredici anni.
Oliver, un rottweiler, entrò dopo nella mia vita. Al canile, dove andavo per dare una mano, era arrivato in compagnia della mamma e di cinque fratellini. Erano tutti un po’ malconci, poveretti. Denutriti soprattutto. Erano stati prelevati da una cantina. I piccoli non avevano mai visto il cielo. Mamma e cuccioli erano sotto sequestro. Io fui subito attirato da lui, quello con la coda rotta. Nel mio cuore l’avevo già chiamato Oliver. Aveva pochi mesi quando me lo portai finalmente a casa, l’aspetto legale della situazione sembrava non sbloccarsi mai, ma alla fine, io e lui, ce l’avevamo fatta. Il piccolo aveva dei problemi alle zampe, un’otite incredibilmente resistente, e un mare di altre patologie. Lo aiutai nel migliore dei modi, ma restò comunque un cane dalla salute fragile. Però che sogno di cane! Sempre allegro. Affettuoso. E appiccicato a me. Anche di notte. Da cucciolo fu facile farlo salire sul letto e dormire con lui accoccolato fra le braccia. Ma quando crebbe a me rimase solo un angolino.
Andammo insieme in montagna e al mare. Al fiume e nei boschi. Ma anche al ristorante, e al lavoro. Io ho un negozio che tratta articoli per gli animali. E mi occupo anche di toelettatura, anzi, per dirla tutta, è la mia passione. Quando aprivo il negozio alla mattina, Oliver entrava per primo lanciandosi alla velocità di una freccia, per frenare in scivolata, davanti all’espositore dove tenevo i biscotti per cani. A quel punto si sedeva paziente in serafica attesa. A volte, per gioco, io fingevo di non vederlo, allora lui sbuffava un sommesso “wof” e io capitolavo e gli allungavo un po’ di biscotti. Li ingollava al volo, scodinzolando. Quando avvertiva che ero preoccupato o triste, faceva il clown, mi portava giochini che ammucchiava ai miei piedi o mi saltava addosso leccandomi la faccia. Non mi dava tregua finché non ritornavo di buon umore.
Avevo anche un gatto persiano, Kevin. Una nuvola di pelo. Cane e micio divennero amici inseparabili. Spesso erano accucciati sullo stesso cuscinone. Era buffo Oliver, quando teneva Kevin, stretto tra le zampe, in un dolcissimo abbraccio.

Un giorno dei clienti mi portarono un cucciolo di rottweiler da lavare. Lo preparai accuratamente e poi mi occupai d’altro, aspettando che i proprietari venissero a riprenderlo. Non venne nessuno. Non avevo il loro numero di telefono, ma sapevo dove abitavano. La sera portai a casa mia il cucciolo, pensando di temporeggiare fino al giorno dopo. Lo sistemai su un cuscinone, vicino al mio letto. E quello divenne il suo posto. Sì, perché quando andai dai suoi proprietari, i vicini mi dissero che erano partiti per il Brasile. Per sempre. Cosa potevo fare? Cesare diventò un altro membro della mia famiglia! Il resto della combriccola accettò subito quella palla di ciccia che mordicchiava le loro zampe, che aveva l’argento vivo addosso. Anche Oliver. Ma quando Cesare fu del tutto cresciuto si insinuò fra di loro una forte competitività. Oliver voleva essere il capo e lo manteneva in una situazione di sottomissione. Cesare ci soffriva. Si tormentava perché Oliver spesso gli impediva di avvicinarsi a me. Io ero attento a distribuire coccole e complimenti a entrambi, ma lui si sentiva comunque triste e frustrato. Lilly era esclusa dalla diatriba. Forse perché femmina. Era una lotta solo fra loro due.
Fu allora che Cesare cominciò a riempirsi di macchie. Una qui sulla testa, poi una là sul corpo, e poi un’altra. Spuntavano come margherite, ma non erano fiori, era vitiligine. Gli specialisti in dermatologia dissero che era insorta per lo stress. Era stressato dall’altro rottweiler: il rivale.
Le cose si complicarono quando a maggio dell’anno scorso Oliver cominciò a non stare bene.
I veterinari previdero per lui poche settimane di vita. Io ero uno straccio. Chiesi altri consulti, ma la sentenza non cambiò. A giugno venne improvvisamente a mancare Kevin, il nostro gatto, mio e di Oliver. Mi dedicai completamente al mio cane malato. E, lo confesso, così facendo trascurai un po’ Cesare e Lilly. Ma dovevo occuparmi di lui, che stava finendo i suoi giorni. Gli piaceva il mare, e ce lo portai. Volevo che lo vedesse per l’ultima volta. Passeggiammo sulla battigia, lentamente. Lui era contento.
A settembre, dalle mie braccia, volò sul ponte dell’arcobaleno. Raggiunse Kevin, il suo gattino.
E da allora, seppur con un vuoto enorme nel cuore, la vita è continuata.
Ora ho tutto il tempo per Cesare, so che lui ha sofferto perché Oliver non gli permetteva di essere il mio cane. Io cerco di dargli tutto il mio affetto e di farlo sentire sereno. E la vitiligine si è fermata. Ma non guarirà. E’ una malattia così, quando viene, poi non se ne va del tutto. Lui non sta male, e non è contagioso. E io ho un bellissimo e bizzarro rottweiler a pois. Be’, a parer mio, esteticamente non è un granché. Ma tutti lo trovano singolare e curioso. Piace molto.
A me non interessa “il vestito”, l’esteriorità. Lui potrebbe essere rosso, verde o a strisce e a me non importerebbe. So che Cesare ha un cuore grande, pieno di sensibilità. Ed è questo che conta. Lui adesso è la mia ombra. E noi abbiamo tanta strada davanti da percorrere insieme. Piano piano, mentre le ferite si rimargineranno, recupereremo il tempo perduto. Io, lui e la vecchia e gentile Lilly.






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