Il nostro prossimo è tutto ciò che vive (Gandhi)

martedì 20 dicembre 2016

Bellissimo








“Bellissimo”, di Fee Macciacchini


Quando nacque nell’allevamento più pregevole, in una cittadina rinomata in zona per la pulizia nelle strade, la cura dei giardinetti davanti a dignitose villette, l’ordine pubblico e anche per l’assenza di violenze e furti, l’allevatore Giovanni, noto conoscitore di quella razza lo accarezzò e ad alta voce, orgoglioso come se fosse lui il padre, disse: «Sarai un grande campione perché sei perfetto».
Però si ricordò di dare una carezza anche alla partoriente e le sussurrò un timido grazie!
Giovanni amava tutti i suoi cani, era onesto e scrupoloso e chi aveva acquistato un cucciolo da lui era sempre rimasto soddisfatto; tutti belli, sani e buoni di carattere. Con Bellissimo erano nati altri tre cuccioli, carini e sani, ma non era possibile paragonarli a lui, già dalle prime settimane.
Era un cane speciale e tutta la famiglia lo chiamò da subito Bellissimo. E Bellissimo cresceva con i suoi fratelli, giocava con loro sempre però con dolcezza e gentilezza. Quando verso i cinque mesi i fratelli furono venduti a famiglie sicure, si perché Giovanni prima di vendere un cucciolo prendeva informazioni, Bellissimo restò in famiglia. Era un piacere guardarlo crescere: perfetto, con un carattere stupendo, sempre gioioso e molto obbediente.
Giovanni che aveva, deciso di tenerlo per se sognava, guardandolo, ai tanti concorsi che Bellissimo avrebbe vinto.
Venne il momento di iniziare la sua carriera nelle esposizioni. E furono subito successi, premi, foto.
A differenza degli altri cani dell’allevamento che avevano a disposizione box riscaldati, ottimo cibo e un grande prato per giochi e corse, Bellissimo viveva in casa e usciva per le passeggiate solo con i membri della famiglia.
Un giorno, malgrado le precauzioni, Bellissimo sparì. Lo cercarono ovunque, misero annunci sui giornali cittadini, la TV ad ogni telegiornale trasmetteva la sua foto, ma non se ne seppe più nulla.
Giovanni era disperato, distrutto, preferiva saperlo morto, ma così no, non poteva accettare di non sapere che fine aveva fatto il suo dolce amico.
Lui lo amava tanto non solo per la bellezza e per i successi ma soprattutto per la sua bontà.
Di notte, sua moglie, lo sentiva girarsi e rigirarsi nel letto, o passeggiare fuori con la mamma dì Bellissimo e parlare con lei della misteriosa sparizione. Passarono i giorni, i mesi, gli anni e Giovanni si rassegnò. Continuò il suo lavoro con serietà. Ebbe altri campioni, vinse tanti trofei e tanti campionati, ma lui non riusciva a dimenticare il suo Bellissimo.
Crescevano anche le sue belle figlie, si sposarono e gli diedero dei bellissimi e simpatici nipotini.
Tutto sembrava proseguire per il meglio, la famiglia era diventata più grande, tutto sembrava tranquillo finché un bruttissimo giorno al nipotino più piccolo, Riccardo, non fu diagnosticata una tremenda malattia.
Il piccolo fu subito portato in ospedale, iniziarono gli esami, ma prima della terapia, lo specialista volle stare un poco con Riccardo, desiderava tranquillizzarlo personalmente.
«Riccardino» disse il medico, uomo di grande esperienza e di grande umanità «ti voglio raccontare una storia vera. Una storia che è successa qui in ospedale».
Iniziò: «Quattro anni prima, davanti alla porta principale dell’ospedale fu trovato un bellissimo cane. Gli inservienti, tentarono di allontanarlo con dolcezza, ma il cane non ne voleva sapere. Si allontanava un poco ma poi tornava e stava delle ore davanti all’entrata. Lo presero lo portarono da un veterinario, il quale notò che il cane era tatuato, ma i numeri erano misteriosamente sbiaditi e non si poteva risalire al proprietario di questa meraviglia della natura. Un giovane medico diede un consiglio molto saggio: perché non portarlo nel reparto pediatrico? Per i bambini sofferenti sarebbe stato un amico che li avrebbe aiutati a superare i momenti più delicati. Anche il più vecchio dei medici fu d’accordo e quando aprirono la porta per portarlo in pediatria il cane non ebbe bisogno di aiuto. Da solo trovò le camere dei bimbi e per quei malatini fu subito gioia. Questo cane iniziò a rallegrare tutti lasciandosi accarezzare, giocando con loro in mille modi, consolandoli quando le sofferenze si facevano sentire. Quando un bimbo stava molto male, senza che nessuno glielo spiegasse si metteva vicino al suo letto e non si muoveva più finché stava meglio. Se il bimbo andava in cielo, quel meraviglioso cane piangeva sommessamente, ma subito tentava di consolare a suo modo i parenti disperati. Abbastanza in fretta tutti si abituarono alla sua presenza e per tutti divenne l’angelo custode dei bimbi malati ed era un vero aiuto per gli infermieri, distraeva i malatini quando dovevano essere curati e le mamme, che la sera dovevano lasciare i loro bimbi in ospedale, si sentivano sicure perché sapevano che i loro figli era protetti. Quando i malatini facevano il sonnellino dopo il pranzo, il cane scendeva in cucina, mangiava quello che il cuoco gli teneva da parte, quindi faceva una passeggiatina nel parco e poi su in reparto a lavorare».
Riccardo ascoltò la storia incredulo e poi timidamente chiese al suo medico: «Ma posso anch’io incontrare questo cane?». «Certo» gli rispose il medico, «sarà lui che verrà da te. Saluta sempre i nuovi arrivati!».
Riccardo quando rimase solo si mise ad aspettare questa importante visita. Non dovette aspettare a lungo… la porta si aprì e il bellissimo e dolcissimo cane iniziò a salutare questo bimbo che avrebbe dovuto rimanere in ospedale per tanto tempo.
Riccardino era felice, dimenticò di essere malato e lontano da casa. Giocò con il suo nuovo amico, rise, e, per la prima volta dopo tanto tempo, mangiò con appetito la sua cena.
Arrivò la sera, e arrivò anche nonno Giovanni, triste e disperato per questa malattia che aveva spaventato e sconvolto tutta la famiglia. Voleva dare la buona notte al suo nipotino tanto sfortunato.
Riccardo, eccitato ma felice, raccontò al nonno la storia del cane e nonno Giovanni finse di credere, però andò alla finestra per nascondere le lacrime. Soffriva per il nipote ma anche per tutti i bimbi che erano lì in ospedale. Giovanni, appena ripresosi, chiese a Riccardo dove era il cane in quel momento e Riccardo gli rispose che stava salutando gli altri malati, ma che avrebbe passato la notte vicino al suo lettino. La porta sì aprì piano piano e il cane entrò. Nonno Giovanni impallidì e si sentì svenire: Bellissimo era lì davanti a lui, ancora più bello da quando non l’aveva più visto, ancora stupendo, però con una nuova luce negli occhi.
Si fissarono e il cane lo riconobbe. Continuò a guardarlo fisso e gli trasmise una preghiera…
Giovanni capì quello che Bellissimo desiderava. Era sì, un cane speciale, ma non per le esposizioni, per i trofei. Non per queste cose futili, ma era stato mandato da noi per aiutare i bimbi che soffrivano: era un bellissimo angelo!
Bellissimo accovacciato ai suoi piedi lo implorava di lasciarlo lì perché la sua missione era quella e quella doveva essere.
Riccardo chiamò il nonno e gli disse: «Ecco nonno questo è il mio angelo custode».
Riccardo guarì anche se dovette restare in ospedale molto tempo. E dopo qualche anno nel giardino di Giovanni si presentò un bellissimo cane vecchio.
Tornava dove avrebbe trovato amore e cure, come quelli che aveva dato ai bimbi.

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