Il nostro prossimo è tutto ciò che vive (Gandhi)

mercoledì 15 febbraio 2017

Fango









“Fango” di Grazia Rombolini

Ci siamo incontrati, per caso, un pomeriggio di gennaio mentre imperversava un furibondo temporale. Ero uscito per consegnare un lavoro alla ditta per la quale creo, disegno e realizzo montature per occhiali. Non è il mio sogno nel cassetto, ma per ora mi accontento - cercherò di sfruttare al meglio in futuro la mia laurea in Architettura - questo lavoro è creativo e mi permette di cavarmela bene.
Dunque, dicevo, ero sulla mia Renault 4, in mezzo a una bufera di vento e pioggia quando, come sempre avviene in questi casi, si blocca il tergicristallo di sinistra e devo obbligatoriamente scendere per riattivarlo. È l'unico difetto che ha, non ne ho mai fatto un dramma perché per tutto il resto è il mio ideale di auto... per ora! Risolto il problema, risalgo di corsa, un po' fradicio ma soddisfatto, butto l'occhio sul sedile accanto e vedo una piccola palla di pelo arruffata e fangosa, immobile, da cui spuntano due fiammeggianti occhietti neri. È un attimo! La palla di pelo si scuote con tutta la sua forza e inonda tutto l'abitacolo, me compreso, appena salvato dal diluvio. Appena un attimo di suspence e poi mi scoppia una sonora risata. La palla ne approfitta e mi si scaraventa addosso riempiendomi ovunque di leccatine riconoscenti.
Era fatta... A quel punto avevamo entrambi bisogno di un bagno caldo e di una bella rifocillata: «Io sono Alex e tu... Fango, ok? È un nome che ti calza a pennello date le circostanze!». Abbandonato o perduto, Fango mi aveva all'istante adottato e viceversa, naturalmente. Ora si trattava solo di adattare le nostre abitudini e vivere in simbiosi. Fargli la doccia fu una passeggiata, con Fango al collo, aggrappato come un'edera al muro, il vero problema si presentò con il phon: Fango non ne voleva proprio sapere. Lo aveva preso come un gioco, mordeva il filo, abbaiava e scorrazzava impazzito per tutto l'appartamento finché sono riuscito a bloccarlo sotto una poltrona e, come il cielo ha voluto, l'ho asciugato con l'impressione che per tutto il tempo, si fosse tenuto una zampa davanti agli occhi! Potere dell'immaginazione... La preparazione per la notte richiese molti compromessi. I nostri cuori, all'unisono, avrebbero scelto di dormire nella stessa cuccia, pardon, letto - naturalmente il mio - ma la ragione impose giudizio, così trovai una vecchia brandina da mare, la posizionai nell'ingresso, vi sistemai sopra il cuscino più accogliente che possedevo, un morbido plaid e depositai dolcemente Fango al centro, con una carezzina sulla testa, una grattatina dietro le orecchie e un definitivo augurio di buona nanna. Sembrava fatta!
Lui chiuse un occhio, alzò un orecchio, fece due giri su se stesso e si acciambellò, sparendo dentro il suo stesso tanto pelo. Entrai in camera, chiusi la porta e stavo già tra le braccia di Morfeo quando percepii un lieve grattare accompagnato da un lungo uggiolio. Quando aprii, Fango era diligentemente seduto davanti a me che mi offriva la sua zampa in cambio del disturbo e un'eventuale, pietosa accoglienza. Non potevo soccombere alla prima richiesta anche se la tenerezza della sua testina reclinata stava per avere la meglio sulla mia razionalità. Così raggiungemmo un compromesso: avrei lasciato la porta della mia camera da letto aperta e la brandina di Fango in perfetta visibilità, rinunciando anche alla mia felpa blu preferita che, il malandrino, aveva già fatta sua.
Questo sembrò finalmente rassicurarlo e piombammo entrambi, in un profondo sonno ristoratore, dopo le tante emozioni che avevano cambiato la nostra vita.
Fango non mi lasciava mai, qualunque cosa facessi era sempre con me.
Affettuoso e paziente, trotterellava al mio fianco tenendo in bocca il guinzaglio, per dovere di legge, senza mai metterlo, non ce n'era bisogno. Dignitosamente non si scomponeva al passaggio di nessun genere di animale e mi attendeva tranquillo fuori dai negozi in cui non poteva entrare. Autodidatta, aveva imparato a fermarsi al semaforo rosso, attraversava la strada sulle strisce pedonali, non abbaiava mai ad altri cani di passaggio, salutava educatamente offrendo la zampa a tutti i miei
conoscenti: insomma, era una forza!
Durante questo periodo ebbi alcune avventure amorose non molto
importanti da cui uscii senza gravi danni sentimentali. Anche Fango non ne era stato molto coinvolto. Sì, aveva sopportato senza infamia e senza lode, brevi carezze che percepiva più doverose che amorevoli, aveva accettato di condividere qualche ora diurna e notturna con le varie ospiti (diciamo) di passaggio, ma non aveva mai mostrato vero entusiasmo per nessuna.
La nostra convivenza procedeva tranquilla: io disegnavo al mio
tavolo, Fango sonnecchiava o fingeva di farlo perché al primo mio movimento era pronto a scattare, con la palla in bocca, per giocare insieme o ad aspettare davanti alla porta di ingresso, per uscire, con il guinzaglio già posizionato.
Un suo passatempo sul terrazzo era rincorrere i piccioni che da
sempre si posavano indisturbati e che ora ci riprovavano senza molto
successo. Non voleva far loro del male, per Fango era un gioco irrinunciabile, divertentissimo.
Eppure percepivamo entrambi che mancava qualcosa di più coinvolgente
nella nostra esistenza, seppure serena, ed ecco che accadde l'incommensurabile!
Una sera, ospite di amici, mi persi nel sorriso più luminoso del firmamento dei dentisti, nell'armonia più melodiosa di una voce arcana, nel viola più incredibile dei cespugli di lavanda della Provenza di enormi occhi che mi scrutavano dietro una montatura originalissima che riconobbi subito: era creata da me!
«Piacere, Arisa» mi sembrò di sentir provenire da un'altra dimensione, e un attimo dopo eravamo seduti sul prato a parlare di musica, di libri, di viaggi, di fantasmi e, naturalmente, di cani. Arisa insegnava danza in uno studio del centro, aveva una cagnolina, Pulce, anche lei trovata per strada e viveva con un'amica veterinaria. Wow, sembrava un film! Decidemmo di rivederci la sera successiva per una pizza da me, naturalmente tutti e quattro insieme.
Tornai a casa ubriaco di sogni, progetti e forse di una birra in più, ma
determinato a vivere fino in fondo quella meravigliosa novità.
Ero solo un po' preoccupato per Fango che, appena mi vide rientrare in
quello stato di grazia, piegando la testa da un lato fece un balzo e mi si
aggrappò al collo come non faceva più da tempo. Presi un osso e glielo allungai cominciando a raccontare la serata, sperando di convincerlo che tutto procedeva come sempre e che non avrebbe dovuto preoccuparsi del mio nuovo stato sentimentale. Finalmente, alle 20 del giorno successivo squillò il campanello. Io ero emozionatissimo, Fango perplesso, un po' agitato e splendido dentro al suo pelo appena lavato.
Aperta la porta, il miracolo! Fango rimase colpito all'istante da Pulce,
l'annusò tutta, le code di entrambi impazzite, roteanti come ventilatori, iniziò una danza amorosa degna di Roberto Bolle e in un crescendo rossiniano sparirono sul terrazzo lasciandoci senza parole. Arisa e io non avemmo dubbi: i nostri cani si erano subito amati e noi avremmo fatto lo stesso. Così iniziò la nostra avventura a quattro, mmm... otto, mmm... dodici mani... insomma, insieme.
Tra pochi giorni nasceranno i cuccioli di Pulce e Fango e noi aspettiamo
un figlio che amerà senza dubbio tutti gli animali e al quale auguriamo di
incontrare, nel percorso della sua vita un amico peloso come Fango o come Pulce per completare la felicità.

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