Il nostro prossimo è tutto ciò che vive (Gandhi)

giovedì 18 gennaio 2018

Un angelo peloso







“Un angelo peloso”, di Antonella Tomaselli (storia vera di Raffaella Gambogi, da “Confidenze tra amiche”, anno 2013)


La storia che vi voglio raccontare comincia nel 2006, con l'arrivo di Honey in casa mia. Piccola, tenera, pelosa, dolce e morbida: una cucciola di razza yorkshire terrier. L'accarezzavo, me la stringevo fra le braccia e già le volevo un bene grande così, anche se non sapevo che, nel tempo, per me e il mio compagno sarebbe diventata una sorta di “salvavita”. Honey si integrò nella nostra casa e nella nostra famiglia alla velocità della luce. Noi la chiamiamo Honey, ma ha un nome più lungo di lei: Honey Moon dei Torregliani. "Luna di miele", un nome molto dolce, vero? 
La piccola cresceva sempre più innamorata di noi. Mi divertii ad allenarla per le gare di Agility e devo dire che questo ci avvicinò ancor di più l'una all'altra. Sia per lei che per me fu un bellissimo gioco. Un gioco che mi permise una comunicazione migliore con lei, perché mi portò a capire il suo modo di esprimersi. Un linguaggio vario e articolato, fatto di sguardi, di posture del corpo, di movimenti della coda, di guizzi di orecchie, di modulazioni della voce e di mille altre sfumature ancora. Ma prima di continuare a raccontarvi di lei, devo parlarvi di un grande problema di Pino, il mio compagno: lui è diabetico. È insulino - dipendente. La sua terapia è abbastanza complessa e prevede anche quattro iniezioni di insulina quotidiane. Nonostante ciò è soggetto a crisi ipoglicemiche che possono arrivare a sorpresa, sia di giorno che di notte. Fino a circa sei anni fa avvertiva il sopraggiungere di una crisi anche durante la notte: si svegliava, riconosceva al volo i sintomi e ricorreva al rimedio risolutore: medicinali o zucchero. I problemi si fecero enormi nel momento in cui si rese conto che le crisi ipoglicemiche cominciavano a sopraggiungere senza preavviso. Cosa sarebbe successo durante la notte, in balia di crisi prive di segnali e sintomi che lo svegliassero? Le risposte erano drammatiche: Pino sarebbe passato dal sonno al coma e poi alla morte.
Eravamo disperati e arrancavamo nella ricerca di soluzioni che non c'erano. Poi successe una cosa che ci lasciò a bocca aperta. Era una sera come tante altre e dopo esserci attardati a guardare un po' di programmi televisivi, ci preparammo per andare a dormire. Come ultimo atto portai Honey in giardino per fare pipì. Rimasi là un po', con gli occhi persi nelle stelle di quel cielo sereno, concedendomi qualche lacrima di nascosto per la situazione in cui si trovava il mio Pino, mentre la piccola si divertiva a esplorare cespugli e aiuole. Poi la presi in braccio e rientrammo. Le lavai e asciugai le zampine e raggiunsi il mio compagno. La cagnolina, come sempre, si accoccolò sul letto, fra noi due. E infine ci addormentammo tutti.
Nel cuore della notte Pino fu svegliato violentemente da Honey.
Lei, grande come un soldo di cacio, si era trasformata in una tigre: gli graffiava furiosamente il viso e abbaiava con tutta la voce che aveva.
Mi svegliai di soprassalto anch'io e stranita osservavo la scena.
Pino si arrabbiò, e per la prima volta in vita sua sgridò Honey: «Che cosa stai facendo? Sei una cagnolina brutta!».
Io istintivamente presi subito le difese della piccola e circondandola in un abbraccio urlai a Pino: «Ma Honey è...». Fui subito interrotta da lui: «Raffaella, sono in crisi ipoglicemica, mi sento debolissimo. Sto male». Vidi che tremava. Conoscevo quei sintomi. Gli portai di corsa un po' di zucchero. Pino cominciò a sentirsi meglio. Volle che gli mettessi vicino Honey e prese ad accarezzarla, piano. Mentre la guardava, con gli occhi umidi, le chiedeva scusa per averla sgridata e le diceva che era la cagnolina più bella del mondo. Poi, rivolto a me, mormorò: «Raffaella, la nostra Honey questa notte mi ha salvato la vita».
Io sentivo nel cuore un miscuglio di emozioni che mi toglievano il fiato: terrore per il pericolo corso dal mio compagno, sorpresa e gratitudine nei confronti della mia cagnolina, e un amore per entrambi che sentivo così incontenibile dopo lo shock appena vissuto. Non riuscivo a parlare: ridevo, piangevo e li abbracciavo. Honey eccitata baciava un po' me e un po' Pino. Quella notte non dormimmo più. Restammo a letto a coccolare la piccolina. Fu Pino, a un certo punto, che parlò di ciò a cui tutti e due stavamo pensando da un pezzo: «Honey mi ha svegliato appena in tempo, ma sicuramente è stato un caso».
Non fu un caso!
Successe ancora e ancora. E continua pure adesso. Ogni volta che Pino va in crisi durante il sonno, la piccola lo sveglia con la stessa violenza. Lui prende dello zucchero o il farmaco adatto, scongiurando così ogni pericolo. E la vita continua.
Come fa Honey ad accorgersi della crisi che arriva? Perché si precipita a svegliare Pino? Non lo so.
Abbiamo fatto mille ipotesi, ma non ci sappiamo dare spiegazioni razionali.
E non è finita qui! Da un po' di tempo con noi c'è anche un'altra yorkina, si chiama Gea. È molto più giovane di Honey.
Anche lei dorme sul letto con noi.
Anche lei sveglia Pino in caso di crisi.
È incredibile, vero?
Gliel'ha insegnato Honey?
Lo fa di sua iniziativa?
Risponde a un istinto proprio di ogni cane?
Ancora una volta rispondo che non lo so. Ma succede. È un dato di fatto. Io comunque sono dell'idea che glielo abbia insegnato Honey.
Credete che basti così? No! La serie degli episodi straordinari continua, perché venne anche il mio turno. Una sera ero sola in casa, be', per precisione rettifico: sola, con le mie cagnoline. Non mi sentivo molto bene. Guardai l'orologio, erano le ventidue e trenta e Pino non era ancora rientrato dal lavoro. In quel momento squillò il telefono. Era lui. Mi chiamava dall'automobile per dirmi che sarebbe arrivato a casa di lì a poco. Mentre ascoltavo le sue parole il mio malessere si acuì. Gli risposi: «Va bene, la cena è pronta». Feci giusto in tempo ad aggiungere: «Non mi sento tanto bene». Poi persi i sensi. Caddi a terra e con me il cordless. Pino, dall'altra parte del telefono, naturalmente non sentì più la mia voce.
Pensò che fosse caduta la linea, continuò comunque per qualche istante a gridare: «Pronto, Raffaella, pronto!». Stava chiudendo la comunicazione quando sentì Honey che abbaiava furiosamente. A quel punto capì che mi era successo qualcosa. Non perse tempo: telefonò al 118 e pigiò il piede sull'acceleratore. Arrivarono insieme, lui e l'ambulanza. Mi trovarono distesa a terra con una agitatissima Honey accanto. Mi prestarono i primi soccorsi, usando anche il defibrillatore, perché il mio cuore si era fermato. Poi mi portarono all'ospedale a sirene spiegate. Mi salvò la tempestività di intervento. Se Honey non avesse abbaiato freneticamente nel microfono del cordless, io non sarei qui a raccontare.
Be', veramente senza di lei non ci saremmo più né io, né Pino. Come potete immaginare le nostre cagnoline sono sempre con noi, ventiquattro ore su ventiquattro. Siamo inseparabili, legati a doppio filo. Certo che il loro comportamento è un po' fuori dal comune. Di tanto in tanto, mentre le accarezzo, mi piace pensare che qualche volta Dio ci mandi degli angeli così, travestiti da cani.

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