Il nostro prossimo è tutto ciò che vive (Gandhi)

lunedì 30 aprile 2018

Billy, il cane né vecchio né malato





“Billy, il cane né vecchio né malato” di Laura Gorini
Un’altra giornata di sole si affaccia sul mondo. Sul mio piccolo mondo: davanti a questa finestra lo osservo con gli occhi stanchi e lucidi. È una vita che non riesco più ad alzarmi dal plaid e che non riesco a correre felice nel prato. Perlomeno a me sembra che sia così. In realtà è solo da una manciata di mesi – così dicono i miei padroncini – che io non sto bene. Sì, non sto bene. Sono malato. Ma che cosa significa essere malato? E perché lo sono? Lo sono sempre stato e non me ne sono mai accorto? A volte sento dire da voci poco conosciute che sono vecchio e prossimo alla fine. Che cos’è la fine? E se esiste una fine esiste anche un inizio? Tanti, troppi discorsi, sovente vuoti e privi di senso, sento intorno a me. Le persone che li fanno credono che io sia stupido e che non li capisca. Ma io capisco tutto, non solo le parole ma anche i gesti. Sono anni che in questa casa non vengo coccolato: mi si serve del cibo con sufficienza, mai un sorriso rivolto a me o una parola gentile. Non mi è più nemmeno concesso andare al parco o passeggiare in giardino, salvo quando il padroncino non c’è e la padroncina, mossa da compassione, mi permette di trascorrere qualche ora spensierata in compagnia dei miei amati fiori. In quei momenti di rara libertà mi sento felice: corro fuori veloce con le zampette che si fanno stranamente forti e inizio a sorridere al paesaggio che mi si pone innanzi. Ma quanto è bella l’erbetta verde che mi pizzica con tenerezza il pelo? E quanto sono delicatamente profumate le margherite che mi fanno il solletico? E che dire delle formichine che si fermano a salutarmi di tanto in tanto? E poi, dopo aver corso un po’, mi piace stendermi al sole davanti alla porta d’ingresso: da lì vedo tutta la vallata. È uno spettacolo meraviglioso: campi verdeggianti, distese immense di terra, di frutti e di fiori. Di tanto in tanto passa vicino al cancello qualche mio conoscente, non dico amico dal momento ché i miei amici ora non fanno più parte di questo mondo da un bel pezzo: poveracci, erano anziani e sono morti. Ma pure io sono anziano, me lo dicono in molti quando mi guardano. Allora, sto morendo pure io? Se mi perdo in questi pensieri mi rattristo: improvvisamente i campi non mi paiono più tanto belli, i fiori perdono il loro profumo e i colori pian piano svaniscono come in una bolla di sapone. E così mi nascondo in un angolo perché sono stufo, stufo marcio di farmi additare dai passanti come un cane vecchio e malandato. Io voglio vivere, vivere ogni giorno che mi resta scaldandomi sotto i raggi del sole. Ma poi inizio ad abituarmi al mio nascondiglio e così me ne sto rannicchiato nel retro di casa per giornate intere oppure me ne sto buono buono sul tappeto del salotto. Un giorno però sono stato svegliato dai passi di un umano che non conoscevo, anche il suo profumo mi era nuovo. Vinto dalla curiosità, perché io sono proprio un gran curiosone, mi sono destato dal tappeto, ho spinto con una zampa l’anta destra della porta finestra che dal salotto dà in giardino e mi sono apprestato ad avvicinarmi al cancellino: innanzi a me c’era una bella bambina dai lunghi capelli castani che mi sorrideva dolcemente. L’ho salutata con la mia voce, o forse con qualche bau, ora non ricordo. Lei ha risposto al mio saluto con calore. Poi se n’è andata. Qualche giorno dopo è passata nuovamente di lì, ma stavolta, riconoscendola subito, mi sono messo in postazione già con qualche istante di anticipo: ho fatto finta di nulla ma sapevo che lei mi stava guardando. Sentivo il suo sguardo sul mio pelo. Lei ha iniziato a farmi tanti complimenti. Mi ha anche detto che ero bellissimo. Bellissimo, io? Non me l’aveva mai detto nessuno... Non mi ha mica detto che sono vecchio e malato! Da quel giorno i nostri fugaci incontri sono diventati per me la fonte della più grande gioia. Fino a ieri mattina. Ero disteso al sole in giardino. Mi sono appisolato. Non l’ho sentita arrivare. Lei mi ha chiamato. Sapete che conosce il mio nome? Ho aperto a fatica gli occhi e l’ho intravista: quanto era bella! Ho cercato di alzarmi ma le zampette non mi reggevano. Ho tentato di guardarla il più a lungo possibile in modo da imprimere nella memoria e nel mio cuoricino malato la sua immagine. Le ho sorriso placidamente. Poi ho chiuso gli occhi, non riuscivo più a tenerli aperti. Mi sono nuovamente addormentato. Mi sentivo felice. Immensamente felice perché so che un giorno, mia piccola e dolce amica, io e te ci rincontreremo in un bel prato. Correremo insieme, tu mi prenderai in braccio, mi coccolerai e mi darai tanti baci sul pelo. Saremo sempre giovani e mai vecchi o malati. 
Grazie per non avermi mai fatto sentire tale negli ultimi mesi della mia vita terrena.


Il tuo amico peloso Billy

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