Il nostro prossimo è tutto ciò che vive (Gandhi)

martedì 17 aprile 2018

Nerone






Nerone, di Federico Toro (tratto da “Confidenze”, numero 16, anno 2018)

Sono trascorse solo poche settimane da quel giorno e nel ricordarlo brividi di freddo percorrono la mia schiena. Sono sicura di ciò che è accaduto, non può essere stata una semplice suggestione. Credo fermamente che lui fosse lì, in quel preciso istante, in quel determinato posto.  

La storia inizia alcuni mesi fa. Nella mia struttura a Chatillon (in provincia di Aosta), dove ospito cani abbandonati e salvati dai canili spagnoli, arriva Nerone, un incrocio forse tra un molosso e un pastore, un cane dolcissimo e affettuoso. Un gigante buono, come ho amato definirlo. E se avesse avuto il dono della parola mi avrebbe raccontato tutte le sofferenze e i patimenti vissuti nella sua vita.
Salvato dalla volontaria Mariarosa da una fine quasi certa, era stato trasferito presso una pensione in Piemonte in attesa di un’adozione. Un ragazzo si era dimostrato disponibile, e finalmente per Nerone stava per prospettarsi un futuro sereno e colmo di affetto. Ma le aspettative erano svanite in un batter d’occhio. Per motivi lavorativi, quel ragazzo era costretto a retrocedere. Così, è avvenuto l’incontro con il gigante buono. Mariarosa disperata per l’ennesimo tentativo fallito, mi ha pregato di tenerlo con me al campo. Ho accettato con gioia la sua richiesta. Quando i miei occhi hanno incontrato i suoi è scattata una scintilla difficile da spiegare a parole. Però, ero molto preoccupata. Con l’inverno alle porte occorreva al più presto cercare una famiglia pronta a ospitare Nerone.

In tempi brevissimi sembrava fosse arrivata l’occasione giusta. Una ragazza entusiasta di Nerone decise di prendersene cura. Invece dopo alcune settimane lo riportò al campo con una motivazione infantile: «Non riesco a gestirlo».
Io, invece, non riuscivo a comprendere. Nerone, il classico cane da casa, docile, ubbidiente. Impensabile poter riscontrare difficoltà nella gestione. Forse, le ragioni erano altre e poco edificanti. Oltretutto, lo trovai anche dimagrito, e preoccupata consultai immediatamente il veterinario. Per fortuna, il dottore mi assicurò della sua buona forma. Così, nel giro di un mese si è ripreso alla grande. E in sua compagnia ho vissuto momenti meravigliosi. La mattina presto, appena aprivo i cancelli del campo mi veniva incontro felice, pronto a indossare la pettorina per la consueta passeggiata. Mi spingeva con il muso quasi a voler dire: “Dài, che aspetti, portami a passeggio”.
Andava d’accordo con tutti grazie al suo carattere straordinario. Aspettava con pazienza certosina la sua pappa, mentre gli altri cani del gruppo reclamavano il cibo in modo più prepotente. E poi, amava farsi spazzolare. Si metteva a pancia all’aria e le volontarie lo spazzolavano e lo coccolavano per ore. Era diventato il beniamino del campo.
Mi viene un groppo alla gola quando rievoco quella mattina. Come ogni giorno arrivai alla struttura per dare da mangiare ai miei amici animali. Mi si presentò davanti una scena devastante. Lo vidi nella sua cuccia disteso, immobile, privo di vita. Un dolore così lacerante, così violento da spaccarmi il cuore. Le lacrime scesero copiose sul mio viso. Tutto inutile. I pianti e la disperazione non avrebbero riportato in vita Nerone.
La causa del suo decesso, accertata dalla veterinaria, era da imputare a un infarto. Ora, con tatto e delicatezza dovevo comunicare la triste notizia a Mariarosa. Trovai la forza per farlo e un coraggio che non pensavo di possedere.
Erano trascorsi alcuni giorni da quel tragico evento. E ogni volta che arrivavo alla struttura avvertivo una stretta al cuore. Nonostante la nostalgia e la tristezza, la vita del campo andava avanti tra molte difficoltà. La neve non avvantaggiava il nostro lavoro. Iil mio pensiero era sempre rivolto a Nerone. Mi sembrava di vederlo dappertutto. Riuscivo a percepire i suoi occhi su di me. Una strana ma piacevole sensazione.
Poi, è accaduto qualcosa a cui è difficile dare una spiegazione. Puoi solo crederci.
La neve già disciolta aveva lasciato una lastra di ghiaccio davanti alla roulotte nella quale conservo le scorte di cibo, le ciotole e tutto l’occorrente per i miei amici.

Durante la preparazione del pasto la mia attenzione è stata catturata da un rastrello di quelli che servono per raccogliere la paglia necessaria per riscaldare le cucce nei mesi invernali. Essendo al centro del campo, mi sono preoccupata per l’incolumità dei cani. Così, ho sistemato il rastrello su un lato della roulotte. E in quel momento sono scivolata a peso morto sulla lastra di ghiaccio. A faccia in giù, senza alcuna possibilità di attutire la caduta con le mani. Non ho avuto il tempo di capire e subito mi sono rialzata. Sono scoppiata a piangere, convinta di aver il viso ridotto a una maschera di sangue. Nel frattempo mi ha raggiunto mio marito che aveva assistito alla scena. Ho cominciato a tastarmi il naso, la bocca e l’intera faccia certa di essermi procurata gravi ferite. Nulla. Sul mio viso, inspiegabilmente, non vi era un graffio.
«Hai avuto davvero un bel colpo di fortuna» sono state le parole di mio marito. E come dargli torto. Con il passare dei giorni ho ripensato spesso all’incidente raccontando l’accaduto nei minimi dettagli a parenti e amici. E nel riportare l’episodio ricordavo sempre una particolare percezione: come se fossi caduta su qualcosa di morbido.
All’improvviso, ho rielaborato il tutto e ancora tremo al pensiero. Lo spazio formato dalla lastra di ghiaccio su cui sono scivolata era il posto preferito da Nerone. In quel punto preciso mi aspettava ogni giorno sdraiato in attesa della pappa. Possibile che mi abbia voluto salvare da chissà quale drammatico epilogo? Sì, io voglio crederci. Forse, posso apparire matta, ma sono sicura. Quella sensazione di morbido apparteneva a Nerone.
Quando ho raccontato la vicenda alla volontaria Mariarosa, le sue parole, incrinate dall’emozione, hanno confermato ciò che il mio cuore sentiva. «Sai, Rosita, non mi stupisco, io ho sempre considerato Nerone un angelo».
E quel giorno, nel campo, il mio angelo, il mio gigante buono era lì per me.        

Nessun commento: