Il nostro prossimo è tutto ciò che vive (Gandhi)

domenica 10 febbraio 2019

Al parco con Kuki




"Al parco con Kuki", di Susanna Barbaglia (editoriale per Confidenze, 2013)


Ho ripreso recentemente un’abitudine molto piacevole: iniziare la giornata con unapasseggiata al
parco con i miei cani. Una volta riuscivo a farlo quasi tutti i giorni, ma da un po’ di tempo Joy, la bulldog, è diventata pigrissima al punto che non di rado mi è toccato riportarla alla macchina in braccio (26 chili!) e Marameo, lo yorkino che crede di essere suo figlio, si nasconde sotto al divano e senza di lei si rifiuta di uscire.
L’unica sempre pronta a seguirmi ovunque è l’ultima arrivata, Kuki, una meticcetta piccolissima che ho adottato dalla Spagna dove i cani randagi vengono detenuti solo pochi giorni in canili lager (le famose perreras) prima di essere abbattuti, spesso brutalmente. Kuki porta ancora i segni del suo traumatico passato nel fisico (ha una zampetta claudicante, rotta a botte), ma soprattutto nel carattere. Per esempio nel giardinetto di casa non ci va, forse perché affaccia sulla strada e il rumore delle auto la spaventa, in bagno nemmeno, credo perché le piastrelle le ricordano certi ambienti poco accoglienti del canile. Ha il terrore di essere abbandonata, mi si è attaccata morbosamente e, per stare tranquilla, deve riconoscere i suoi punti fermi: l’automobile, la sua cuccetta, il guinzaglio, la mia borsa dove cerca di infilarsi quando capisce che sto uscendo. Qualche mattina fa, nonostante il caldo già incombente, mi sono decisa: dopo un paio di tentativi miseramente falliti di convincere i due reticenti, ho imbracato Kuki nella sua pettorina, l’ho messa in macchina e sono andata al parco. Appena arrivate, l’ho liberata e ho iniziato a camminare a passo svelto imboccando un sentierino che costeggia il fiume Lambro. Era molto presto, eravamo totalmente sole con quella porzione del parco a disposizione. Fantastico. Kuki è partita come un razzo, e vedere quello scricciolo saltare felice su tre zampe, rincorrere le cornacchie, rotolarsi nell’erba, seguire naso a terra le piste di chissà quale animale, mi ha aperto il cuore.
Allo stesso tempo, nel silenzio rotto soltanto dalle grida degli uccelli, dallo scroscio delle cascatelle d’acqua, dal ritmo dei miei passi sul ghiaino, ho avvertito tutti i pensieri “pesanti” mollare la presa e diventare leggeri come le farfalle sui meli selvatici che Kuki cercava di afferrare in volo. È straordinario, senza comunicare a parole, come si riescano a condividere con un cane le emozioni più forti e più semplici, soprattutto a contatto della natura. Lo stupore di un gruppo di anatrine che seguono in fila indiana la madre a pelo d’acqua, la scoperta di una tana in una balza, la sorpresa dei profumi intensi del legno umido e dei fiori appena sbocciati, la meraviglia dei raggi del sole che sfondano l’intrico delle foglie, fanno ritornare di colpo al tempo della vita in cui ogni cosa del mondo che ci circonda ci colpisce e ci incanta. Solo un bambino riesce a sentire le emozioni pure, non contaminate da esperienze deludenti o da progetti falliti o da perdite dolorose. E solo un cane può avvertire naturalmente la tua felicità di adulto immerso per qualche minuto in quella dimensione magica di gioco e libertà che non dovremmo dimenticare mai. Quando il parco si è popolato dei cultori del running, io e Kuki siamo tornate alla macchina e sul sentiero abbiamo incrociato un anziano signore che conosciamo, con il suo lupo altrettanto attempato. «Buongiorno».
«Buongiorno a lei! Mi scusi se non ci fermiamo a giocare, ma abbiamo un po’ di fretta. Ieri sono nate le anatre… le ha viste?». Il vecchio lupo puntava il fiume e lui aveva gli occhi luminosi. Proprio come un bambino.



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