Il nostro prossimo è tutto ciò che vive (Gandhi)

domenica 19 gennaio 2014

Sally







Racconto di Elisabetta Puppo



Immobile, nella sua brandina accanto al calorifero, Sally muoveva solo i suoi languidi occhi umidi. Il muso canuto fra le zampe anteriori, la pelle cadente, svuotata al punto da lasciar intravedere le costole, le pendule orecchie che addolcivano il suo sguardo severo. Le zampe posteriori ripiegate, senza più forza per sorreggere i suoi 27 kg. Non aveva neppure più l’aspetto di un boxer, i suoi 14 anni pesavano. Pesavano enormemente.
Non era stato sempre così.
Sally non era il mio cane, era il cane del mio fidanzato e futuro marito. Il cane che avevo sempre desiderato e che non avevo mai potuto avere perché a casa mia nessun animale aveva il permesso di entrare.
Sally aveva preso il posto di una persona cara scomparsa prematuramente che aveva lasciato un vuoto incolmabile. Era la più piccola di nove cuccioli, cresceva piano perché i suoi fratelli e le sue sorelle non le permettevano di mangiare, essendo più grandi e prepotenti di lei. Venne regalata al mio fidanzato perché, insieme a sua madre, aveva accudito la cucciolata mentre i proprietari erano a fare un lungo viaggio. La ricompensa fu proprio Sally. Diventò anche il mio cane, testimone della mia lunga storia d’amore che dura ancora oggi.
Con il nostro cane, orgogliosi della sua fiera bellezza, passeggiavamo per le nostre Riviere visitando, durante i weekend, ameni e ridenti cittadine da Ponente a Levante e lei, cucciola meravigliosa, trotterellava curiosa, scrutando ogni anfratto e annusando, con quel tartufo nero, ogni porcheria le si presentasse. Veloce come un fulmine, ingurgitava qualsiasi cosa commestibile e non, tanto che per un certo periodo, seppur a malincuore, dovemmo far uso della terribile museruola.
Le lunghe gite in montagna, le corse sulla spiaggia, i giochi al parco, i viaggi in auto durante le ferie, Sally era sempre al nostro fianco. Era cresciuta forte, sana, intelligente, irruenta, giocherellona e fantastica. Il suo musetto era aggraziato dalle due orecchie a foglia di lattuga che ci eravamo rifiutati di tagliare per rendere l’aspetto della sua razza quasi feroce, non ci interessava che Sally non potesse partecipare alle mostre canine proprio per “quell’handicap”, visto che tale era considerato. Era bellissima e dolcissima.
Sapeva quando era il momento di scherzare o di consolare, sapeva farci felici, sapeva amare in modo incredibile, di un amore puro, incommensurabile, altruistico, come solo un cane può donare.
Quando ci sposammo lei venne a vivere con noi, tornava da mia suocera la sera, per farle compagnia durante la notte e alla mattina, visto che entrambi lavoravamo; però al mio ritorno erano salti e feste gioiose da non credere, leccate e spintoni per ottenere l’attenzione richiesta.
A 12 anni la portammo ancora con noi sulle cime delle Alpi, in camminate che duravano anche otto ore e lei faceva da guardiano controllando che tutta la comitiva in marcia fosse presente, dal primo all’ultimo. Faceva più del doppio della strada, poi tornata a casa, si sistemava sopra al divano e dormiva sonni tranquilli. Fu l’ultimo anno che la vedemmo così.
Il primo intervento che subì fu l’asportazione di una delle due file di mammelle e, dopo qualche tempo, anche dell’altra, poi il tumore passò all’utero e le asportarono anche quello. Quanto ci ha insegnato Sally! Mai un lamento, mai un accenno di fastidio per le cure dolorose, mai una protesta. Ci guardava tremando per il male che doveva sopportare, e in quei suoi occhi c’era tutto l’amore del mondo. Iniziò a faticare sempre più nella discesa dei gradini; iniziò a essere incontinente e a vergognarsi; e poi la sordità, la cecità, la perdita dell’olfatto, dell’equilibrio… Sally stava andando via. Lentamente si consumava la vita di quell’essere che ci aveva dato tutto ciò che poteva. Quando il veterinario venne a visitarla disse che non sarebbe vissuta oltre una settimana e che, l’amore che provavamo per lei, non ci dava il diritto di farla soffrire oltre.
Bisognava prendere una decisione.
Sally. La dolce Sally forse sapeva, implorava, ma noi eravamo incapaci di staccarci da lei. Non riuscivamo a capire perché chi ci aveva dato tanto dovesse vivere così poco.
Mio marito e mia suocera la accompagnarono nel suo ultimo viaggio. Il viaggio del non ritorno. Sally si addormentò.
Di lei sono rimaste centinaia di fotografie e milioni di ricordi meravigliosi e incancellabili dai nostri cuori, per questo non morirà mai.

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